Cambiare l'acqua ai fiori by Valerie Perrin

Cambiare l'acqua ai fiori by Valerie Perrin

autore:Valerie Perrin
La lingua: ita
Format: mobi, epub
ISBN: 9788833571478
editore: Edizioni E/O
pubblicato: 2019-06-18T22:00:00+00:00


57

Il destino ha fatto il suo corso,

ma non ha mai separato i nostri cuori

GIUGNO 1996, GENEVIÈVE MAGNAN

Sono talmente sensibile che quando sento o leggo la parola “acido” mi fa male la lingua e mi pizzicano gli occhi, mi brucia tutto. È quel che penso quando vedo in televisione una pubblicità di caramelle acidule. «Non fare tanto la delicata» sbraitava mia madre tra un ceffone e l’altro.

Dev’essere una questione di vasi comunicanti: visto che la mia anima è fottuta, buona per essere data in pasto ai cani, il mio corpo cerca di recuperare.

Cambio canale. Magari potessi cambiare vita pigiando un tasto sul telecomando. Da quando sono disoccupata passo le giornate stravaccata in poltrona a non saper che fare, a dirmi che non è niente di grave, che ormai è finita, che non si può tornarci sopra, che la faccenda è archiviata. Sono morte e sepolte.

Stavo dormendo quando Swan Letellier ha telefonato. Mi ha lasciato un messaggio che non ho capito, diceva parole confuse, era nel panico più totale, tutto si accavallava nel suo cervellino. Ho dovuto riascoltarlo più volte per mettere le parole nel verso giusto: la madre di Léonine Toussaint l’ha aspettato davanti al ristorante in cui lavora come cuoco, sembrava matta, non crede che quella notte le bambine siano andate in cucina a farsi la cioccolata.

Pensavo che dopo il processo non avrei più sentito parlare di Léonine Toussaint, così come non avrei più sentito parlare di Anaïs, Océane o Nadège. Per fortuna è stata l’altra, la direttrice, a pagare per tutti. Due anni di galera. Ogni tanto è giusto che i ricchi mangino un po’ di merda, che giustizia sia fatta. Non l’ho mai potuta vedere, quella, con la sua aria da santarellina.

La madre di Léonine Toussaint... Non erano famiglie della zona. Solo i borghesi possono permettersi di mandare i loro marmocchi a mettere il culo a mollo nel lago di un castello. Pensavo che i genitori si limitassero a passare dalla casella cimitero quando venivano da queste parti, e che poi si affrettassero a tornare a casa dopo aver lasciato fiori e crocifissi sulla tomba della figlia.

Che cerca? Che vuole? Ha intenzione di venire da me? Sta facendo il giro di tutti? Letellier è nel panico, ma io è un pezzo che non ho più paura di nessuno.

Al castello eravamo in sei: io, Letellier, Croquevieille, Lindon, Fontanel e Petit.

A forza di ripensarci mi torna in mente la prima volta che ho visto lui. Non l’ultima, la prima. In genere ripenso all’ultima, e l’odio mi invade il sangue come fiumi di caramelle acidule.

La prima volta l’ho incontrato a una festa di fine anno della scuola materna della regione. Avevo un po’ di vomito sulla camicia, latte cagliato, quello del mio ultimo nato che si era sentito male per il caldo. La tenevo un po’ aperta perché la gente non vedesse l’alone. Lui non mi ha guardato, ha solo dato un’occhiata al mio reggiseno da allattamento. Ho avuto un brivido. Uno sguardo da cane infoiato. Mi ha fatto venire una voglia violenta.



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