Canfora Luciano - 2013 - Intervista sul potere by Canfora Luciano

Canfora Luciano - 2013 - Intervista sul potere by Canfora Luciano

autore:Canfora Luciano
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Economic Policy, Public Policy, eBook Laterza, Political Science
ISBN: 9788858108949
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2013-04-21T22:00:00+00:00


Capitolo 5. Istruzione e libertà

D. Il mondo classico ci ha lasciato uno straordinario patrimonio di opere scritte. Ma quanti ne fruivano davvero all’epoca? Quanti cittadini ateniesi erano in grado di leggere Omero ed Erodoto? Quanti legionari romani padroneggiavano l’alfabeto?

R. Si tratta di un problema molto controverso, su cui gli studiosi hanno discusso e continuano a discutere animatamente. Un errore da evitare è quello di modernizzare indebitamente il mondo antico, di raffigurarcelo come simile alla società in cui viviamo oggi. Non c’è dubbio che la grande rivoluzione, per quanto riguarda la diffusione della parola scritta, fu l’introduzione della stampa, nel XV secolo, che consentì un accesso ben più ampio alla lettura, sia pure sempre in una dimensione di élite. Le tirature dei primi volumi stampati erano modeste: parliamo di seicento, al massimo mille copie. Le «tirature» delle copie fatte a mano una per volta erano di gran lunga inferiori. Se torniamo indietro fino all’antichità, ci rendiamo conto che all’epoca l’alfabetizzazione era in sostanza un fatto marginale.

D. Anche nell’Atene del V-IV secolo a.C., con i suoi poeti e i suoi filosofi?

R. Le tracce che ci sono rimaste sono ambigue, possono essere interpretate in un senso o in un altro. Alcuni ritengono che una prova importante della diffusione della lettura sia l’adozione della legge scritta, che implicherebbe un vasto alfabetismo se ogni cittadino può conoscerla e appellarvisi. Si può tuttavia ritenere che molti, non essendo in grado di leggere, ricorressero a «specialisti», per esempio i logografi (l’equivalente dei moderni avvocati). Un altro istituto che viene chiamato in causa è l’ostracismo, attraverso cui i cittadini ateniesi, scrivendo il nome di un individuo su un coccio di terracotta, óstrakon, potevano infliggere un esilio di durata decennale a personalità ritenute politicamente pericolose in quanto potenziali aspiranti alla tirannide. L’ostracizzato doveva allontanarsi dalla città, ma i suoi beni non venivano toccati. Dall’esistenza di questo meccanismo si deve dedurre che i partecipanti all’assemblea ateniese sapessero scrivere? Anche in questo caso si possono avanzare seri dubbi. Nella sua Vita di Aristide Plutarco riporta un aneddoto riguardante proprio l’ostracismo decretato nei riguardi del famoso politico ateniese. Aristide, il rivale di Temistocle (prima metà del V secolo a.C.), era presente in assemblea nel momento in cui si trattava di esprimere il voto che avrebbe deciso il suo destino. Un cittadino seduto accanto a lui, che non lo conosceva, gli chiese se poteva scrivere in sua vece il nome di Aristide sul coccio. Il diretto interessato gli domandò il perché. E l’altro rispose: «Non so chi sia Aristide, ma l’ho sentito chiamare troppo spesso il giusto». Aristide, che era appunto noto come «il giusto», accettò di scrivere il proprio nome sull’óstrakon per conto del vicino. Plutarco, però, vive molto tempo dopo, tra il I e il II secolo d.C. Non sappiamo se l’aneddoto sia fondato: potrebbe indicare che il cittadino comune aveva bisogno di aiuto anche per vergare pochi segni alfabetici. Ma potrebbe indicare anche il contrario: che quel cittadino era un caso eccezionale e che appunto perciò dell’episodio si era serbata memoria.



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