Canti delle Terre Divise 02 - Purgatorio by Francesco Gungui

Canti delle Terre Divise 02 - Purgatorio by Francesco Gungui

autore:Francesco Gungui [Gungui, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Google: 4idHAwAAQBAJ
editore: Fabbri
pubblicato: 2014-04-22T22:00:00+00:00


21

Quando Maj aprì gli occhi, capì subito che doveva esserle successo qualcosa. Era sdraiata in un prato, con i vestiti fradici e la testa ancora incappucciata che le impediva di vedere dove fosse.

«Alec» disse piano tirandosi a sedere, ma nessuno rispose. «Alec, dove sei?» ripeté alzandosi con tutti i muscoli indolenziti per via della caduta.

Poi si ricordò che la stanchezza aveva avuto la meglio, le era bastato chiudere gli occhi un attimo e subito aveva sentito la testa pesante e quel senso di mollezza che precede il sonno. Allora si era rialzata e, guidata dalla voce di Alec, si era mossa verso di lui, ma si era scontrata con uno o forse due pellegrini. Poi però, quando era rimasta nuovamente sola, si era accorta che la voce di Alec le giungeva più debole. Allora si era rimessa in cammino, procedendo lenta e lasciando scorrere la mano sinistra sul muro che costeggiava la strada. Doveva esserci una curva, o un’apertura, o forse i mattoni erano franati. Di colpo non aveva più udito la voce di Alec. Aveva provato a chiamarlo e alla fine era caduta ed era rotolata sulla terra dura per diversi metri, perdendo i sensi.

«Alec!» urlò adesso con la voce tesa dal pianto che stava cercando di trattenere.

L’aria era fredda e umida e, nonostante il cappuccio le impedisse di percepire la luce, capì che nel frattempo doveva essere scesa la notte. Provò a tendere il copricapo sotto il collo per tentare di aprire un piccolo spiraglio da cui scorgere il suolo, ma le cinghie lo fissavano saldamente. Avanzò con cautela, piegata sulle ginocchia, con le braccia in avanti. Il terreno alle sue spalle era troppo ripido perché lei si potesse arrampicare, così cominciò a scendere e ben presto si ritrovò su una superficie piana. Chiamò ancora Alec, più e più volte, ma nessuno rispose. Camminò per ore, senza sapere dove stava andando, tenendo a freno la disperazione che si attorcigliava al dolore sempre acceso per la morte di suo padre. Quando due braccia la afferrarono all’improvviso per le spalle, per un attimo pensò che fosse finita, che qualcuno l’avrebbe uccisa. Poi, invece, sentì delle mani che le sfilavano il cappuccio, non slacciando le cinghie, bensì tagliando dall’alto la stoffa con un coltello.

«Laura? Che ci fai qui?»

«Ho visto che ti stavi mettendo nei guai.»

«Ma come… come hai fatto?»

«Non importa come ho fatto… ma io ho bisogno di avere te e Alec vivi, non mi servono a nulla due mezzi cadaveri, quindi prima arrivate, meglio è.»

«Non riesco a capire» disse Maj, mentre Laura le offriva da bere da una borraccia di pelle. Attorno a loro c’erano solo alberi e resti di antiche costruzioni, le radici nodose si aggrovigliavano sulle pietre rischiarate dalla luce della luna.

«Dove siamo adesso?» chiese Maj.

«Sotto la seconda cornice, ti sei fatta un bel volo, ti porterò io al principio della quarta, ma dobbiamo muoverci in fretta, finché è buio non si accorgeranno di noi.»

«Ma Alec quindi… sta bene?»

«Non lo so, ma non mi preoccuperei per lui, nemmeno per te a dirla tutta, ma il tempo è poco, per questo ti aiuto.



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