Capriole in salita by Pino Roveredo

Capriole in salita by Pino Roveredo

autore:Pino Roveredo [Roveredo, Pino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788858760963
Google: W2GgDQAAQBAJ
editore: Giunti
pubblicato: 2014-11-06T23:00:00+00:00


* * *

Tempo dopo, ero detenuto a Gorizia per una rissa, ma fui liberato grazie alla generosità dei coimputati che testimoniarono la mia estraneità a quella divergenza di idee. Riacquistai la libertà senza emozione, nelle tasche ero senza appuntamenti, non potevo dare gioia a nessuno, ormai erano troppe le libertà acquistate e poi di nuovo perdute.

Ritornato nella mia città scartai subito l’idea di andare a casa, perché, le accoglienze del figliol prodigo si erano già esaurite nella ripetizione del tempo, allora me andai in Viale, l’unico posto al mondo dove potevo raccogliere il piacere di un Bentornato gioioso dalla gente come me. C’era un’aria strana quel giorno in quella strada dove tristezza e dolore avevano sempre poca vita, i ragazzi fuori dai bar commentavano piano il dramma che ancora ignoravo, a ogni passo un presentimento si scontrava con i miei pensieri pieni di punti di domanda.

Entrai nell’osteria, il nostro ritrovo abituale dove i sorsi erano più economici, chiesi: “E Giacomo?” Il silenzio diventò la staffetta di quel camion con rimorchio che stava per investirmi: “Giacomo, è morto...”

Aveva approfittato di una mia assenza per morire. Non cercai scappatoie, non esisteva più la fuga, Giacomo era morto e basta, il TIR mi aveva investito e io, steso sul pavimento senza perdere i sensi, gridando lo sentivo passarmi sopra.

Mi rialzai con la voglia rabbiosa di distruggere il lungo bancone, santo appoggio degli equilibri precari, cercai di strappare alle mensole tutti i bicchieri e la loro voglia di essere riempiti, volevo solo immergere la testa dentro a quella fila di botti e pagare la consumazione con il cervello e il fegato che mi erano rimasti.

Pensai che mentre l’amico moriva io riposavo sulla branda di un maledetto carcere, le catene mi avevano impedito di correre verso quella partenza che non sarei riuscito a fermare perché già prenotata, ma almeno gli sarei stato vicino prima che il preludio della vita nuova se lo fosse portato via.

Dopo un po’, quando trovai sosta nel pianto che nemmeno il bicchiere in bocca riusciva a fermare, piano piano gli amici cominciarono a raccontarmi la cronaca del dolore: Giacomo era stato trovato in uno scantinato, con una bottiglia di whisky accanto e lo stomaco lacerato, arreso ormai a tutti gli attacchi brucianti che aveva subito, con fegato, pancreas e intestini fuori combattimento. Nell’ospedale dove fu portato i medici sentenziarono un referto di morte ancor prima che chiudesse gli occhi, gli diedero persino il permesso di esaudire ancora la sua sete assurda.

Quando chiuse gli occhi non ci fu dolore in quella corsia. Sì, va bene, è sempre un peccato quando una giovane vita va via, ma se si muore nel vizio sono salve tutte le coscienze. Insomma, non è successo niente, è solamente morto un alcolizzato.

Giacomo me lo diceva sempre: “Se un povero, o un disgraziato, è schiavo del vizio bagnato è, e resterà sempre, un maledetto alcolizzato; se invece capita lo stesso a gente ricca e importante, be’, allora sono solamente dei bevitori infelici. Comunque vada, meglio un disgraziato vizioso felice,



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