Cento by Marco Antonio Bazzocchi;

Cento by Marco Antonio Bazzocchi;

autore:Marco Antonio, Bazzocchi; [Bazzocchi, Marco Antonio ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Critica letteraria, Voci
ISBN: 9788815370983
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2022-06-15T00:00:00+00:00


9. Ecco, dentro questo miracoloso sistema di parole e di suoni, questa cassa di risonanza costruita in 100 passaggi, gradini, gironi, cerchi, cornici, cieli (qualsiasi denominazione va bene per indicarne le scansioni), dentro questo volume squadernato e ricomposto improvvisamente, ora, mentre Dante è arrivato al culmine del suo percorso, ora «Argo» torna fuori ripescato dal fondo del mito in assonanza con «letargo». Ma non è Argo dei 100 occhi! può obiettare qualcuno. Questo è il secondo Argo, il costruttore della nave magica e parlante, della prima nave che ha solcato il mare. Dante però qui sta dicendo che la sua mente si è addormentata, ha cessato di funzionare sprofondandolo in un sonno che ha molto in comune con il sonno di Argo il 100 occhiuto, il custode della ninfa giovenca Io. E quel sonno è stato provocato da un canto magico, il suono della Siringa, un’altra ninfa amata da un dio e trasformata in strumento musicale.

«Un punto solo», scrive Dante: un punto solo di quello che ha visto, un punto infinitesimo della sua visione. Ora quel punto solo è diventato un sonno, cioè una dimenticanza: lethargus, ha commentato Ernst Robert Curtius, nel latino classico indica la malattia del sonno, ma poi significa anche «straniamento, estasi». Il nome Argo si è probabilmente tirato dietro «letargo», in quella che lo studioso definisce «una situazione irripetibile nella poesia di Dante». E questo letargo della mente, durato un attimo, un punto, è maggiore dei venticinque secoli che separano Dante dall’impresa degli Argonauti. In quell’occasione Nettuno, dio dei mari, vide per la prima volta, dalle profondità in cui si trovava, l’ombra della nave Argo. Per la prima volta il dio ha visto un gruppo di uomini coraggiosi che stava violando lo spazio sacro da lui dominato.

Cerchiamo però di capire meglio. Siamo alla fine di un viaggio che è una grande traversata marina, una specie di navigazione attraverso terra, acqua, aria, fuoco. Un viaggio che non può non portare iscritta in sé la memoria del primo viaggio, quello degli Argonauti, quello vittorioso, al quale si contrappone il viaggio fallimentare di Ulisse. Ma ora, nel culmine della traversata, quando la visione dovrebbe essere completa, tenere insieme la molteplicità del mondo, tutto insieme, tutto unito (finalmente!) ecco che Dante usa la nave d’Argo non per indicare un approdo riuscito ma anzi per alludere a una sua mancanza, a un improvviso fallimento della sua scrittura. In questi tre versi tutto si rovescia, tutto si sdoppia. La nave Argo può essere il viaggio coraggioso che Dante sta compiendo, ma lui ci vuol dire anche un’altra cosa. Che la sua mente si oscura, che si apre in lui, adesso che sta scrivendo, una improvvisa voragine, e allora è lui che, come Nettuno, immagina di essere nella profondità del mare (che è poi la sua mente) e di vedere solo il fondo di quella nave-poema-viaggio, l’ombra che scorre sugli occhi, lassù. Come se ancora una volta la sua vista perdesse forza, e gli occhi si chiudessero. Come se qui Dante veramente subisse



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