Che cosa significa essere liberale by Michael Walzer

Che cosa significa essere liberale by Michael Walzer

autore:Michael Walzer [Walzer, Michael]
La lingua: eng
Format: epub
ISBN: 9788832855494
editore: Raffaello Cortina Editore
pubblicato: 2023-03-23T23:00:00+00:00


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I comunitari liberali

Il comunitarismo descrive lo stretto legame di un gruppo di persone che condividono un forte impegno nei confronti di una religione, una cultura o una politica. Mirano, come i nazionalisti, a promuovere gli interessi della propria comunità, ma il loro impegno è fortemente rivolto all’interno, sono focalizzati sulla qualità o sull’intensità della loro vita condivisa. Il repubblicanesimo civico è probabilmente la versione più nota del comunitarismo. Jean-Jacques Rousseau ne è il profeta, e non è affatto un liberale. Rousseau descrive il cittadino ideale: un uomo (le donne non erano ancora state incluse) che è impegnato attivamente in ogni aspetto della vita comune e che trae la felicità maggiore dalle attività pubbliche anziché da quelle private. La cittadinanza comporta un impegno che esclude tutti gli altri. Le associazioni di secondo livello, tra cui in primo luogo le chiese e i partiti politici, costituiscono una minaccia all’integrità della repubblica – nel caso però in cui esistano associazioni di questo tipo, dice Rousseau, è preferibile che siano in gran numero, così che non ce ne sia una sola a competere con la repubblica per conquistarsi la fedeltà dei cittadini.

I cittadini provvedono a se stessi. Non eleggono rappresentanti ma “volano” all’assemblea, come dice Rousseau; la loro è una democrazia diretta, senza politici di professione. E come non ci sono politici, così non ci sono neppure soldati professionisti o mercenari, bensì un esercito di cittadini. Rousseau suggerisce addirittura di sostituire la corvée dell’Antico regime – il lavoro forzato sulle strade del re – con il lavoro coatto sulle strade della repubblica. Infine, come ho già avuto modo di segnalare, a insegnare nelle scuole pubbliche dovrebbero essere i cittadini più anziani anziché insegnanti qualificati.

Una volta qualcuno ha detto che “il socialismo richiederebbe troppe serate”. Citai questa frase anni fa attribuendola a Oscar Wilde (sembrava proprio sua), ma gli studiosi di Wilde negano che lui l’abbia mai pronunciata, perciò in qualche caso è capitato che venisse attribuita a me. Ma io non sono così arguto. Questa è una di quelle frasi fulminanti che definiscono una politica e, comunque, si applica più chiaramente al repubblicanesimo civico, il quale richiederebbe anche troppe mattine e troppi pomeriggi. Com’è noto, Marx descrisse la libertà di vita in una società comunista: saremmo andati a caccia la mattina e a pesca il pomeriggio, avremmo allevato il bestiame la sera e dopo cena avremmo fatto le nostre disamine critiche. Tralasciò le interminabili riunioni che la repubblica civica di Rousseau avrebbe comportato: al mattino ci saremmo riuniti per discutere su quali specie animali fossero permesse ai cacciatori e poi, nel pomeriggio, ci saremmo riuniti per discutere il numero massimo di pesci concessi a ogni uomo o donna. Verso sera avremmo discusso di tesi alternative sull’allevamento del bestiame e poi ci saremmo affrettati a cenare in vista delle discussioni che si sarebbero protratte sino a notte fonda.

Il linguaggio figurato di Marx è sorprendente se si considera quanto scrisse a proposito dell’“idiozia della vita rurale”. Comunque sia, oggi viviamo in città, quindi proviamo a considerare un caso urbano di cittadini che provvedono a se stessi.



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