Chourmo by Jean-Claude Izzo

Chourmo by Jean-Claude Izzo

autore:Jean-Claude Izzo [Izzo, Jean-Claude]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-09-26T16:18:10+00:00


Undicesimo

Nel quale non c'è poi niente di veramente bello da vedere

Mourad ruppe il silenzio.

«Spero che mia sorella ci sia».

Un'unica frase. Laconica.

Avevo appena lasciato rue de Lyon, per tagliare attraverso i quartieri nord e raggiungere Saint-Henri, dove abitava suo nonno. Saint-Henri è proprio prima dell'Estaque. Vent'anni fa era ancora un piccolissimo villaggio. Da dove si dominava l'avamporto nord e il bacino Mirabeau.

Borbottai un «anch'io», leggermente nervoso. Avevo una gran confusione in testa. Una vera insalata russa! Da quando era salito in macchina Mourad non aveva aperto bocca. Gli avevo fatto delle domande. Su Naïma, su Guitou. Si era limitato a rispondere «sì» e «no». E dei vaghi «non so». All'inizio avevo creduto che mi tenesse il muso. Ma no, era preoccupato. Lo capivo. Lo ero anch'io.

«Sì, anch'io» ripetei con maggiore dolcezza questa volta, «spero che ci sia». Mi lanciò uno sguardo di traverso. Solo per dire: ok, siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Lo speriamo, ma non ne siamo sicuri, e ci mette strizza non sapere. Era veramente carino quel ragazzetto.

Misi su una cassetta di Lili Boniche. Un cantante algerino degli anni '30. Un mescolatore di generi. Le sue rumbe, i suoi paso doble, i suoi tanghi avevano fatto ballare tutto il Maghreb. Avevo scovato una gran quantità di suoi dischi al mercato delle pulci di Saint-Lazare. A Lole e a me piaceva andarci la domenica, verso le undici. Poi andavamo a prendere l'aperitivo, in un bar dell'Estaque, e si finiva da Larrieu, davanti a un vassoio di frutti di mare.

Quella domenica aveva trovato una bella gonna lunga, rossa a pois bianchi. Una gonna da zingara. La sera avevo avuto diritto a uno spettacolo di flamenco. I Los Chunghitos. Apasionadamente. Un album torrido. Proprio come la fine della notte.

Lili Boniche ci aveva accompagnato fino a che non eravamo stati vinti dal sonno. Sul terzo disco scoprimmo Ana Fil Houb. Una versione, in arabo, di La mia storia è la storia di un amore! Un motivo che fischiettavo sempre. Questo e Besame mucho. Brani che mia madre non smetteva di canticchiare. Ne avevo diverse versioni. Questa qui era bella quanto quella della messicana Tish Hinojosa e cento volte meglio di quella di Gloria Lasso. Era il massimo. La vera felicità.

Sempre fischiettando, mi rimisi a pensare a ciò che mi aveva raccontato Rico, il proprietario del Balto. Nel sentirmi dire così apertamente certe cose mi sarei preso a schiaffi. Quella settimana Pavie era andata ogni pomeriggio al Balto. Prendeva una birra e mangiucchiava le briciole di un panino al prosciutto. Aveva la faccia dei brutti giorni, come diceva Rico. Allora aveva telefonato a Serge. Da Saadna. Ma Serge non era venuto, e neppure il giorno dopo, né quello dopo ancora.

«Perché non mi hai chiamato?» avevo chiesto.

«Non so più dove beccarti, Fabio. Non sei neppure sull'elenco».

Mi ero fatto togliere dalla lista degli abbonati. Col Minitel, rischi di trovarti in casa cinquanta milioni di rompicoglioni. Amavo la tranquillità e gli amici che mi restavano conoscevano il mio numero di telefono. Non avevo pensato alle situazioni di emergenza.



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