Dal Pci al socialismo europeo by Giorgio Napolitano;

Dal Pci al socialismo europeo by Giorgio Napolitano;

autore:Giorgio Napolitano; [Napolitano, G.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economica Laterza
ISBN: 9788858101704
editore: edigita
pubblicato: 2008-11-14T23:00:00+00:00


Una correzione di rotta da cui non nasceva una prospettiva politica

Si continuò comunque per qualche tempo a perseguire l’obbiettivo di un governo di larga coalizione con la partecipazione del Pci. «Abbiamo sbagliato» – disse poi Berlinguer – «a puntare sulla possibilità che la Dc potesse davvero rinnovarsi e modificarsi». Ma fino al novembre 1980, la prospettiva non venne abbandonata. Si annunciò bruscamente una nuova strada solo all’indomani della «vicenda tragica del terremoto» in Campania e Lucania. E si motivò la correzione di rotta – nella risoluzione della Direzione del partito del 27 novembre – con le «risposte deludenti e negative del governo di fronte alla catena di scandali, di deviazioni negli apparati dello Stato e di intrighi di potere» che il terremoto aveva messo a nudo. Motivazione in effetti poco convincente o palesemente sproporzionata, riferita com’era al modo in cui era stata affrontata l’emergenza dei primi giorni. Si pensò che la reazione emotiva nel paese fosse talmente forte – anche per gli accenti durissimi con cui se ne fece interprete il Presidente della Repubblica – da poter fare precipitare la situazione politica, perfino con un ricorso alle elezioni anticipate, e che il Pci dovesse perciò senza indugio schierarsi drasticamente dalla parte opposta della Dc e dei partiti di governo.

La formula dell’«alternativa democratica» si caratterizzò così per la richiesta di «un cambiamento radicale nella guida politica del paese». E facendo leva sulla denuncia di «un sistema di potere, di una concezione e di un metodo di governo che hanno generato e generano di continuo inefficienze e confusione nel funzionamento dello Stato, corruttele e scandali nella vita dei partiti governativi», si fece di colpo balzare in primo piano «la questione morale» come «la questione nazionale più importante». La discussione su quel progetto di risoluzione vide la prima consistente manifestazione di dissenso, nella Direzione del Pci, tra coloro che avevano fino ad allora condiviso le posizioni di Berlinguer. Non fummo in pochi a restare sconcertati per l’estemporaneità dell’annuncio della nuova linea, che ci sembrò piuttosto propagandistica e generica. E se qualcuno (penso a Paolo Bufalini) dissentiva in particolare dalla rottura con ogni ipotesi di collaborazione con la Dc, ci colpì soprattutto l’abbandono più in generale del terreno dell’alleanza con altre forze politiche a favore della rivendicazione, in chiave esclusivistica, di una funzione di guida per il Pci. Nel progetto di risoluzione si parlava del Pci come «perno» del nuovo governo che «la crisi politica» e «l’esigenza di salvezza della Repubblica» ormai richiedevano. Facemmo mutare quel termine così eccessivo e improprio, e il testo definitivo indicò nel Pci «la forza promotrice e di maggiore garanzia» di un tale governo: ma restò l’implicito giudizio liquidatorio su tutti gli altri partiti. Sarebbe in sostanza spettato al Pci chiamare a raccolta «le energie migliori della democrazia italiana, uomini capaci e onesti dei vari partiti e anche al di fuori di essi».

Naturalmente, non si poteva su quella base costruire alcuna prospettiva politica. Si poteva soltanto tentare un recupero di immagine attraverso una drastica separazione di responsabilità dal sistema



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