ELEMENTI DI PSICOLOGIA BUDDHISTA: e correlazioni con il cognitivismo moderno (Italian Edition) by Michele Biotti

ELEMENTI DI PSICOLOGIA BUDDHISTA: e correlazioni con il cognitivismo moderno (Italian Edition) by Michele Biotti

autore:Michele Biotti [Biotti, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2015-07-01T05:00:00+00:00


Attaccamento

Esamina le sensazioni e i pensieri

Andare e venire. Non essere attaccato a niente,

rimani consapevole di qualsiasi cosa ci sia.

Achaan Chah[8]

Se si esclude il terzo tipo di vipashyana, il punto della meditazione è quello di diminuire l’attaccamento. Cosa vuol dire e cos’è l’attaccamento? Normalmente, noi consideriamo le cose come solide e realmente esistenti, per cui, quando abbiamo un desiderio, siamo completamente presi da esso fino a quando non riusciamo a soddisfarlo. Questo perdersi nelle cose, questo fissarsi sono già attaccamento. Il credere realmente ai fenomeni è attaccamento. Il mondo di oggi sembra fatto apposta per creare e ricreare attaccamento. Come? Producendo cose inessenziali che vengono fatte passare per necessarie, con il risultato che la gente non solo spasima per averle, ma deve averle per poter essere a passo con i tempi. Ad esempio, prendiamo i social network: ora, un giovane li ritiene indispensabili e, per lui, sicuramente lo sono (per comunicare, condividere, relazionarsi – il tutto virtualmente); ma, fino a pochi anni fa, avevamo bisogno di questa necessità (scusate la tautologia)? Vivevamo bene anche senza. E questo vale per il 99% di quello che abbiamo e che ci circonda. Si è creato un attaccamento di dubbia utilità, anche se, è bene ricordarlo, non sono le apparenze esterne il problema, ma il nostro attaccarci ad esse. Siamo portati ad accusare il mondo esterno dei nostri malesseri. In realtà, nessuno ci fa sentire in un determinato modo, è la nostra mente che crea una certo stato emotivo. Ciò mi fa venire in mente una storia zen in cui due monaci discutono se siano il vento o la bandiera a muoversi. Indecisi, chiedono al Roshi che risponde: “Guardate bene, è la vostra mente che si muove”. Questa parabola ci vuol dire che non fa differenza che cosa appare, tutte le apparenze sono “buone” ed è la mente l’oggetto che viene messo in discussione. Cosa oscura i fenomeni e le apparenze? Il nostro attaccamento ad esse come entità solide e permanenti. Se vi ci aggrappiamo, cadiamo in balia della mente osservata e, riprendendo la terminologia ACT, restiamo fusi con essa (ossia non li stiamo trattando come eventi esterni). In altri casi, la fusione non avviene con gli oggetti, ma con ciò che li percepisce, cioè la sesta coscienza mentale. In ogni caso, l’attaccamento è il modo buddhista di dire “fusione cognitiva”. Ma ogni cosa non è così tanto esistente come sembra: l’abbiamo visto, essa appare ma non esiste ed esiste ma non appare. “Vanno bene” sia apparenze buone sia cattive se riusciamo a stare in quel livello in cui esse sono riconosciute come gli ornamenti della consapevolezza (rigpa), che da essa sorgono ed in essa ritornano. Per risolvere l’attaccamento e la fissazione, bisogna essere capaci di guardare la loro natura quando insorgono. Vedere i fenomeni nel loro modo ultimo di essere li libera appena avviene il contatto con la nostra mente, senza generare né quella brama né quell’avversione che, come è chiarito nella coproduzione condizionata, ci ancorano a vecchiaia, malattia e morte, fino alla nascita successiva, in una parola, il samsara.



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