Follia e santità by Vittorino Andreoli

Follia e santità by Vittorino Andreoli

autore:Vittorino Andreoli
La lingua: eng
Format: mobi, epub
editore: BUR
pubblicato: 2012-02-29T13:45:31+00:00


73 Fioretti, 16.

74 E. Fornari, Alcune sorprese per uno psicanalista, in S. Acquaviva et Al., Francesco un «pazzo» da slegare, Cittadella Editrice, Assisi 1983.

75 Fioretti, 3.

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Una santa di poco cervello: Maria Bertilla Boscardin

I limiti evidenti di una personalità

Santa Maria Bertilla, al secolo Anna Francesca Boscardin (Annetta), nata a Brendola (Vicenza) il 6 ottobre 1888, rientra nel gruppo di santi vissuti tra Ottocento e Novecento e rappresenta una tipica espressione della cultura contadina veneta.

Anche in questo caso non andrò ad analizzare in dettaglio la biografia, esistendo al riguardo opere biografiche molto esaurienti,1 ma cercherò di cogliere i principali aspetti, in grado di configurare un certo tipo di «santità».

Sappiamo che tra i santi esistono personalità completamente diverse e altrettanto diverse possono essere le loro vicende esistenziali, tanto che è difficile, leggendone la vita in termini puramente storici, trovare delle caratteristiche univoche, identificare un comune elemento veramente essenziale. Il tratto peculiare è semmai definibile in termini astorici, strettamente spirituali: in tutti i casi si tratta di una modalità di dedicare la propria esistenza alla presenza della divinità. Un paradigma difficile a leggersi da parte di chi è portato a valutare il comportamento in termini umani, magari facendo riferimento alle dinamiche psicologiche, al rapporto tra storia e individuo. Certo, sempre con grande rispetto per un «credo», soprattutto per quello che, nella famosa espressione di Tertulliano, diventa credo quia absurdum. Non è possibile discuterne, si può solo rispettarlo.

Con questo habitus mentale cerchiamo dunque di leggere la storia dei santi come storia di uomini; una storia che proprio attraverso quel credo può modificarsi fino ad assumere aspetti antitetici riguardo a un percorso comune. Ritrovarsi perdente di fronte a un nemico comune è certamente una mancanza di qualità dell’uomo, ma perdonare quel nemico rappresenta per un credo il più profondo degli insegnamenti.

Queste precisazioni intendono giustificare l’appellativo che, umanamente, daremmo a suor Bertilla di «santa di poco cervello». È d’altra parte lei stessa a parlare di sé come di un «oco», definizione che acquista tutto il suo significato se calata nella tradizione della campagna veneta, dove il palmipede è considerato l’animale da cortile più sciocco, quello che si può catturare con facilità, che si lascia ingozzare. Pare che a coniare quell’espressione sia stata la stessa mamma di Annetta, in relazione a un episodio d’infanzia di per sé già abbastanza indicativo: essendole stato chiesto di fare sgelare alcuni cavoli, la bambina li aveva messi sul fuoco nella cesta in cui li aveva raccolti, bruciando naturalmente tutto.2

L’appellativo materno, critico ma anche carico di sorridente e affettuoso compatimento, diventerà una sorta di leit motiv nell’esistenza della santa, a sottolineare la consapevolezza dei propri limiti.

Le testimonianze di una tale, almeno apparente, pochezza intellettiva si susseguono, in effetti, numerose. Alla scuola elementare del paese (che non va oltre la classe terza) deve ripetere la prima, fatto abbastanza raro anche per l’epoca. Pare che la maestra si rifiutasse persino di correggere i suoi compiti, alimentando così la percezione di una bambina «diversa», facile oggetto di scherno da parte dei coetanei.

In famiglia, del resto, è in grado di svolgere solo semplici mansioni domestiche.



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