Fondata sulla cultura by Gustavo Zagrebelsky

Fondata sulla cultura by Gustavo Zagrebelsky

autore:Gustavo Zagrebelsky [Zagrebelsky, Gustavo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858412305
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo terzo

La scala delle idee

1. La scala delle idee. Tra le idee, si possono fare le piú diverse distinzioni. Ora, assumeremo un criterio funzionale, che ha a che vedere con la domanda: che funzione esse svolgono nella nostra vita?

Possiamo immaginare una scala a cinque gradi, che corrispondono ad altrettante funzioni. Su questa scala, le possiamo ordinare, per cosí dire, partendo dal basso verso l’alto, a seconda ch’esse valgano per classificare, o per risolvere, per comprendere, o per progettare, o per immaginare e sognare. La figura della scala non deve suggerire una distribuzione secondo una minore o maggiore dignità delle idee stesse, corrispondente al posto che vengono a occupare. Come in una scala, i gradini piú in basso sono indispensabili per salire su quelli piú alti e quelli piú in alto non sarebbero raggiungibili senza quelli piú in basso. Come l’immagine della scala ancora suggerisce, i gradini non sono separati da divisioni insormontabili. Anzi, servono per passare dall’uno all’altro, in salita e anche in discesa.

Questo vale in premessa. Con quest’aggiunta: classificando le idee, classifichiamo gli esseri umani, a seconda ch’essi si sentano maggiormente attratti da una o un’altra categoria. Cosí, abbiamo chi è piú incline all’osservazione, piuttosto che alle soluzioni; piú alle interpretazioni che alle progettazioni, piú all’immaginazione e al sogno che alla progettazione, e viceversa. Pensare e distinguere le idee può servire a meglio conoscere noi stessi, il nostro carattere.

2. La mente che registra e classifica. Alla base c’è – sempre che sia possibile e non si tratti d’una finzione paradossale – la mente che osserva interamente identificata con l’oggetto, senza autonomia, puramente riflettente come uno specchio.

Per illustrare che cosa significhi questa identificazione, non c’è modo migliore del paradossale e «vertiginoso mondo di Funes» il memorioso. Funes era stato travolto da un cavallo e, battendo il cranio – racconta Borges –, gli si era spalancata la mente: da cieco, sordo, stordito, smemorato qual era stato, era convinto d’essere diventato finalmente consapevole di ciò che lo circondava: tanto quanto, anzi piú di Ciro, re dei Persiani, di cui si dice che sapesse chiamare per nome tutti i soldati del suo esercito; piú di Mitridate, che amministrava giustizia nelle ventidue lingue del suo Impero. Noi, in un’occhiata, percepiamo, per esempio, tre bicchieri su una tavola. Funes, invece, tutti i tralci, i grappoli e gli acini di una pergola; registrava e ricordava tutte le forme delle nubi australi dell’alba del 30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata d’un libro che aveva visto una volta sola, o con le spume che sollevò un remo, nel Rio Negro, la vigilia della battaglia di Quebracho. Questi ricordi non erano semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc. Poteva ricostruire tutti i sogni dei suoi sonni, tutte le immagini dei suoi dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva chiesto un’intera giornata. Un cane non era un cane, ma il cane delle tre e quattordici, visto di profilo, era diverso dal cane delle tre e un quarto visto di fronte.



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