Gormenghast by Gormenghast La trilogia

Gormenghast by Gormenghast La trilogia

autore:Gormenghast La trilogia
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2022-11-22T00:00:00+00:00


20

Quando Tito si svegliò i muri della caverna saltavano qua e là in una luce rossastra, e le sporgenze e le mensole di pietra proiettavano le loro ombre sproporzionate per poi ritirarle con un movimento a fisarmonica. Le felci bruciavano, come lingue di fuoco penzoloni dal buio del soffitto, e le pietre del rozzo forno in cui un’ora prima Lisca aveva acceso un gran falò di legna e pigne splendevano come oro liquido.

Tito si sollevò su un gomito e vide il profilo da spaventapasseri del quasi leggendario signor Lisca (Tito aveva sentito molte storie sul domestico di suo padre) che si inginocchiava su quel bagliore, mentre la sua ombra, alta quattro metri, strisciava sul pavimento splendente e risaliva lungo il muro della caverna.

«Sono nel bel mezzo di un’avventura» si ripeté Tito diverse volte, come se bastasse dirlo perché fosse vero.

Con la mente ripercorse gli avvenimenti del giorno che era appena finito. Non si era sentito per niente confuso quando si era svegliato. Si ricordò tutto subito, ma i suoi ricordi furono interrotti dall’improvviso, invitante profumo di cibo arrostito – forse era stato quello a svegliarlo. Lisca stava girando qualcosa, lentamente, sul fuoco. I morsi della fame si fecero insopportabili, e Tito si alzò in piedi, e mentre lo faceva il signor Lisca disse: «È pronto, Eccellenza – restate dove siete».

Staccando pezzi di carne di fagiano, e versandoci sopra una ricca salsa, li portò a Tito su un piatto di legno che aveva fabbricato con le sue mani. Era la sezione di quello che era stato un albero morto, spessa dieci centimetri, il centro scavato in una bassa scodella. Nell’altra mano, avvicinandosi al ragazzo, teneva una tazza di acqua di fonte.

Tito si sdraiò di nuovo sul letto di felci, appoggiandosi su un gomito. Era troppo affamato per parlare, ma rivolse alla figura barbuta che lo sovrastava un gesto della mano – come per riconoscenza – e poi, senza perdere un istante, divorò il ricco pasto come un giovane animale.

Lisca era tornato al forno di pietra, dove si mise a sbrigare diverse faccende, mangiando a intermittenza mentre procedeva. Poi si sedette su una sporgenza di roccia a contemplare il fuoco. Tito era stato troppo occupato per restituire lo sguardo, ma ora, con il piatto di legno pulito e raschiato, bevve una gran sorsata di acqua di fonte e guardò oltre il bordo della tazza il vecchio esule, l’uomo che sua madre aveva bandito – il domestico fedele del padre morto.

«Signor Lisca» disse.

«Eccellenza?».

«Quanto sono lontano?».

«Una quindicina di chilometri, Eccellenza».

«Ed è molto tardi. È notte, vero?».

«Sì. Vi riporterò all’alba. Tempo di dormire. Tempo di dormire».

«È come un sogno, signor Lisca. Questa caverna. Voi. Il fuoco. È vero?».

«Sissignore».

«Mi piace» disse Tito. «Ma credo di aver paura».

«Non si confà, Eccellenza – voi qui – nella mia caverna meridionale».

«Avete altre caverne?».

«Sì, altre due – a ovest».

«Verrò a vederle – se posso scappare, un giorno, eh, signor Lisca?».

«Non si confà, Eccellenza».

«Non me ne importa» disse Tito. «Che altro avete?».

«Una baracca».

«Dove?».

«Foresta di Gormenghast – riva del fiume – salmone – talvolta».



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