I sette miti della conquista spagnola by Matthew Restall

I sette miti della conquista spagnola by Matthew Restall

autore:Matthew Restall [Restall, Matthew]
La lingua: deu
Format: epub
editore: 21 Editore
pubblicato: 2016-11-11T23:00:00+00:00


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Uomini e scimmie

Il mito della superiorità

Vorresti conquistare quest’intera terra, concedendoci Iddio la salute, poiché gli spagnoli osano affrontare i più grandi pericoli, combattono per la gloria e hanno l’abitudine di vincere.

Hernán Cortés (1521)

Gli spagnoli hanno assolutamente diritto di governare questi barbari del Nuovo Mondo e delle isole adiacenti; essi sono per prudenza, ingegno, valore e umanità inferiori agli spagnoli quanto i bambini lo sono agli adulti e le donne agli uomini, essendovi altrettanta differenza tra essi quanta ve n’è tra le persone selvagge e crudeli e quelle compassionevoli, tra il prodigiosamente sfrenato e il temperato e continente, e oserei dire tra le scimmie e gli uomini.

Juan Ginés de Sepúlveda (1547)

Conquistador, there is no time, I must pay my respects.

And though I came to jeer at you, I leave now with regret.

(Conquistador, non c’è più tempo, devo porgere i miei rispetti.

E sebbene sia venuto per deriderti, ora me ne vado con dispiacere.)

Procol Harum (1972)

Cortez: “Wild and untaught are Terms which we alone

Invent, for fashions differing from our own:

For all their customs are by Nature wrought,

But we, by Art, unteach what Nature taught”.

(Cortez: “Selvaggio e ignorante son Termini che solo noi

Inventiamo, per costumi diversi dai nostri:

Poiché tutti i loro costumi sono forgiati dalla Natura,

Ma noi, con Arte, disfacciamo ciò che la Natura insegna”.)

Da The conquest of Granada by the Spaniards

di John Dryden (1672)

Perché la storia della conquista è tanto infestata dai miti? Secondo l’antropologo Samuel Wilson, noi cerchiamo di prendere le distanze dalla conquista e dalla sua storia a causa delle tragedie che contiene. «È politicamente più sicuro ed emotivamente meno gravoso» suggerisce Wilson «sfumare la storia nel mito e così confinarla». Questo argomento aiuta a spiegare non solo il moderno perpetuarsi dei miti della conquista, ma anche il loro svilupparsi nello stesso periodo della conquista. Che questi miti possano essere ritrovati vivi e in salute nel XVI come nel XX secolo non dovrebbe sorprenderci; dopo tutto, come sottolinea Wilson, viviamo ancora nel «periodo del contatto»1.

Nel periodo coloniale, gli spagnoli cercarono di confinare la storia imbrigliandola in quello che è forse il più semplice stereotipo mai inventato per spiegare il comportamento umano, le differenze tra le persone e il risultato di eventi storici: lo stereotipo della superiorità. I cronisti coloniali e gli storici moderni che li seguirono trovarono una soddisfacente semplicità e sicurezza nel seguente argomento circolare: gli spagnoli conquistarono i nativi perché erano loro superiori, ed erano superiori perché li avevano conquistati.

Nella sua forma più estrema, l’inferiorità indigena fu espressa in termini che negavano ai nativi americani l’umanità stessa. Il commento di Juan Ginés de Sepúlveda è citato spesso perché suggerisce questa immagine con molto candore. Il giurista e filosofo spagnolo dichiara apertamente che i nativi «a malapena meritano di essere chiamati esseri umani». Persino una piena conversione e la sottomissione all’impero spagnolo potevano solo in parte trasformare quei «barbari» in «uomini civili»2. Sepúlveda è stato coperto di infamia per questo suo punto di vista, ma in realtà si limitò a esprimere più vividamente e direttamente quello che la maggioranza degli spagnoli e degli altri europei a quei tempi davano per scontato.



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