Il fuoco di Sant'Antonio: Storia, tradizione e medicina by Carlo Gelmetti

Il fuoco di Sant'Antonio: Storia, tradizione e medicina by Carlo Gelmetti

autore:Carlo Gelmetti [Gelmetti, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: 9788847005945
pubblicato: 2012-04-29T11:40:48+00:00


era avvenuta per mano di un nobile del Delfinato e inizialmente i maggiorenti di questa regione raccoglievano le offerte per curare e mantenere i pellegrini che arri-vavano al santuario. L’inizio dell’avventura antoniana fu dunque un’iniziativa di laici benefattori. Solo successivamente l’incremento costante di pellegrini e la cre-scente domanda di guarigioni resero poco a poco “naturale” la creazione di un ordine religioso, gli Antoniani, appunto, che si specializzarono, ovviamente, nella cu-ra del fuoco di Sant’Antonio.

A metà del 1500 a Sebastiano di Monteux succede Guy Didier come responsabile medico dell’abbazia e dell’annesso nosocomio. Costui così descrive25 il fuoco di Sant’Antonio:

“Il fuoco consiste nella mortificazione con gangrena di un arto. Lo si chiama anche Fuoco di Sant’Antonio o di San Marziale ed è rimarchevole il constatare che, in questa malattia, si produce un dolore ed un ardore simili a quelli delle scottature vere e proprie. Le cause di questa malattia sono state stabilite da Galeno. Quando la bile passa nel sangue ed è trasportata in tutto il corpo, appare l’itterizia. Quando la bile si fissa in qualche parte del corpo e quando essa si ispessisce, tutta la pelle della parte del corpo dove essa è localizzata si ulcera sino alla carne ed è per questo che Ippocrate la chiama fuoco divorante. Se la bile si schiarisce, essa non provoca che delle bruciature superficiali ed allora questa forma della malattia si chiama ulcera. La bile spessa e corrotta è dunque la causa del fuoco, perché, se essa fosse fluida non si arresterebbe ma evaporerebbe co-me dice Avicenna. Ma quando la bile è troppo spessa essa provoca la gangrena.

Avicenna consiglia di combatterla nella maniera seguente: quando la parte malata comincia a rammollirsi ed a cambiare colore, bisogna applicare della terra sigillata mescolata con dell’aceto. Se la putrefazione non si ferma con questo trattamento, la zona va incisa in profondità, vanno poi applicate delle sanguisughe così che il sangue viene estratto dai piccoli vasi. Ma, se la lesione è più grave, Avicenna è dell’avviso di mettere un linimento composto di farina di fagioli e di aceto. Dopo che questa miscela sarà stata rimossa, la zona scarificata sarà lavata con acqua salata affinché il sangue spesso fluisca via e non si coaguli. Per eliminare definitivamente ogni traccia dei succitati linimenti, bisogna lavare la zona con aceto due volte al dì ed applicare nella parte malata un unguento che abbia una consistenza simile al miele e composto di Assa foetida e di semi di or-tiche secche. Per evitare l’estendersi del male si mescoli con l’unguento dell’allume in parti eguali perché ciò impedisce il diffondersi e distacca quello che è già stato distrutto. Ma se il decorso della malattia prosegue e se l’arto tende ad andare in necrosi, bisogna aspergerlo con una polverizzazione con l’aristolochia rossa o con del vecchio vitriolo: ciò perché questi rimedi agiscono al meglio se so-no mescolati con l’aceto. Se questo trattamento non ha successo bisogna separa-25 Guy Didier. Epitome Chirurgiae, 1560.

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Medicina capitolo 3



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