Il Grande Gioco by Peter Hopkirk

Il Grande Gioco by Peter Hopkirk

autore:Peter Hopkirk [Hopkirk, Peter]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
ISBN: EPUB9788845970177-38434
editore: Adelphi


Ma la tragedia inglese in Asia centrale non era ancora al suo ultimo atto. Durante tutto l’anno le vicende in corso avevano dominato i titoli dei giornali in India e in patria. La sorte degli ostaggi, in particolare delle donne e dei bambini, aveva suscitato profonda apprensione, e l’annuncio della loro liberazione era stato accolto con giubilo. Poi, proprio mentre avevano inizio i festeggiamenti ordinati da Lord Ellenborough in India, alla missione britannica a Teheran giunse una notizia agghiacciante. La recò da Buchara un giovane persiano un tempo al servizio di Arthur Conolly: Conolly e Stoddart, di cui, sulla scia della catastrofe di Kabul, ci si era quasi dimenticati, erano morti entrambi. Era accaduto in giugno, quando la reputazione della Gran Bretagna come potenza temibile in Asia centrale era ai suoi minimi storici. Furibondo per la mancata risposta alla sua lettera personale alla regina Vittoria, e non più preoccupato all’idea di un castigo, l’emiro di Buchara aveva ordinato che i due inglesi, che allora godevano di un breve periodo di libertà, fossero rigettati in carcere. Pochi giorni dopo erano stati condotti con le mani legate sulla grande piazza antistante l’Ark, o cittadella, su cui sorgeva il palazzo dell’emiro. Ciò che avvenne in seguito il persiano giurò di averlo appreso dallo stesso carnefice.

Sotto gli occhi di una folla silenziosa, i due ufficiali furono costretti a scavarsi la fossa, poi a inginocchiarsi e prepararsi a morire. Il colonnello Stoddart, dopo aver denunciato ad alta voce la tirannia dell’emiro, fu decapitato per primo. Quindi il carnefice si volse a Conolly e lo informò che l’emiro offriva di risparmiargli la vita se avesse abiurato il cristianesimo e abbracciato l’islam. Consapevole che la conversione forzata non aveva salvato Stoddart dalla prigionia e dalla morte, Conolly, cristiano devoto, rispose: «Il colonnello Stoddart era musulmano da tre anni e lo avete ucciso. Io non diventerò musulmano e sono pronto a morire». Porse il collo al carnefice, e un attimo dopo la sua testa rotolò nella polvere accanto a quella dell’amico.

La notizia del loro brutale assassinio provocò un’ondata di sdegno in patria, ma, a meno di mandare un’altra spedizione attraverso l’Afghanistan per eliminare quel tirannucolo da strapazzo, si poteva fare ben poco. Anche a rischio di perdere ancora una volta la faccia, Londra decise che era meglio dimenticare e far calare il silenzio sulla sciagurata vicenda. I parenti e gli amici delle vittime – comprensibilmente adirati e convinti che la loro morte andasse attribuita al governo, che li aveva abbandonati – si mobilitarono per impedire che ciò avvenisse. Alcuni ventilarono l’ipotesi che il persiano avesse mentito, e che i due ufficiali fossero ancora vivi. Si aprì una sottoscrizione, e il reverendo Joseph Wolff, ardimentoso ed eccentrico ecclesiastico di Richmond nel Surrey, si offrì volontario per recarsi a Buchara e appurare la verità. Purtroppo il racconto del persiano si rivelò veritiero in tutto eccetto qualche trascurabile dettaglio; e se l’intrepido Wolff uscì vivo dall’impresa, dovette ringraziare il fatto, a quanto si dice, che il suo aspetto bizzarro, in paramenti solenni, avesse provocato nell’imprevedibile emiro «un accesso d’ilarità».



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