Il grande libro della scrittura by Marco Franzoso

Il grande libro della scrittura by Marco Franzoso

autore:Marco Franzoso [Franzoso, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: il Saggiatore
pubblicato: 2020-11-19T23:00:00+00:00


4. I nomi dei personaggi

I nomi dei personaggi significano sempre qualcosa.

Ho chiamato la protagonista di un mio racconto Lisa perché è «lisa», consumata dalla troppa vita che già da giovane ha vissuto. È sfilacciata, consumata, segnata. Ho chiamato Pietro il figlio nel Bambino indaco perché a prescindere da ciò che sente e desidera la madre, che lo vorrebbe pura anima al limite dell’immateriale, lui è ancorato a terra come una pietra e riporta ogni personaggio alla sua dimensione terrestre e materiale. Ho chiamato Isabel la madre, unico personaggio con nome non italiano dello stesso romanzo, per accennare già dal titolo alla sua provenienza estera e essere quindi portatrice di una dimensione nomade. Isabel anche come equilibrio di bellezza, ma una bellezza menomata rispetto al più completo Isabelle. Ho chiamato al contrario l’antagonista femminile Livia perché facesse pensare a radici antiche, latine, solide come quelle piantate della storia. Solida e con la classicità marmorea di un busto di Tito Livio.

Un nome è sempre un produttore di assonanze e riverberi.

Ogni nome è portatore di significati che si perdono nell’etimologia, nel suono e nella sua storia.

Ci sono nomi più caratterizzanti e nomi meno immediatamente caratterizzanti.

Vi consiglio di usare lo stesso metodo consigliato per tratteggiare i personaggi: che i nomi siano più particolari man mano che ci si allontana dal centro della storia e dal personaggio principale.

Caratterizzare il protagonista con un nome troppo significativo, infatti, ne riduce la profondità.

Allo stesso tempo affidare nomi generici a personaggi secondari rischia di far perdere loro la luce necessaria per illuminarli nel breve tempo in cui li incontriamo. Rischiano di non stare a galla nel mare dell’indistinto fumoso delle sottostorie. Abbiamo molto poco tempo a disposizione con loro e rischiamo di perderli se ci attardiamo. Pertanto, se i tratti devono essere decisi, netti, immediatamente riconoscibili, così siano anche i loro nomi.

Un personaggio con un nome troppo definito, per esempio Liotardo, potrebbe risultare ridicolo come protagonista di un romanzo. Questo nome ci diventerebbe stucchevole già dopo poche pagine ma che il nostro Carlo o la nostra Elena incontrino Liotardo o Liotarda un giorno in una biblioteca fa sì che ce ne ricorderemo anche se l’incontro dura poche righe.

Quanto più importante è un personaggio, tanto più abbia un nome «normale», quanto più marginale tanto più il nome sia particolare. Se chiamo un protagonista Ladislao, diventa in breve ingombrante, lo sto caratterizzando così tanto che incontrerò delle rigidità in fase di scrittura. Ma se la mia compagna di viaggio sull’Orient Express si chiama Ludmilla, e ci scambio due chiacchiere, tanto meglio, ci regala quel guizzo. E se anche scendesse alla prima stazione il lettore se ne ricorderebbe.

Infine, e da tenere sempre presente, il nome non è solo un modo per individuare un personaggio, ma è anche necessariamente una funzione espressiva.

È la prima indicazione su di lui, in grado di denotare valori come classe sociale di appartenenza, periodo di nascita, collocazione geografica di nascita, eccetera.

Nel mio secondo romanzo, per esempio, Edisol-M. Water Solubile, strutturato come un romanzo di fantascienza e molto vagamente



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