Il potere gentile dell’ascolto by Enrica Tomasi & Luca Bonini

Il potere gentile dell’ascolto by Enrica Tomasi & Luca Bonini

autore:Enrica Tomasi & Luca Bonini [Tomasi, Enrica & Bonini, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni Centro Studi Erickson
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00


Ascolto come testimonianza: perché per la guarigione ci vuole il corpo-mente di un altro

Perché ci sia un testimone interno, quindi una parte del sé che possa effettivamente riconoscere e «accettare» o venire a patti con la realtà del trauma (altrimenti dissociata o relegata a zone oscure della coscienza) c’è bisogno di un altro: di un testimone che validi emotivamente ed eticamente l’esperienza della traumatizzazione. Ferenczi (1988), ante litteram, parlava della necessità di un testimone benevolo e soccorrevole per il traumatizzato volto al recupero delle parti interne inaccessibili alla coscienza.

Il centro dell’esperienza, spiegano Laub e Auerhahn (1993), nella traumatizzazione interpersonale,17 non è più nell’io esperiente. Ciò significa che gli eventi accadono «da qualche parte» ma non sono più connessi al soggetto conscio. Il sé è frammentato in un «me» e un «non-me» e qualsiasi connessione tra le due parti è stata recisa. Ciò che il sopravvissuto manifesta, invece, è uno stato doloroso di consapevolezza di un sé svuotato e di un’esperienza intensa disconnessa e «dimenticata»; tuttavia, affettivamente, essa permea e compromette strategie vitali di adattamento e difesa. Questo doppio stato di «sapere e non sapere» lascia il sopravvissuto in uno stato di dolore non solo per i propri cari persi, ma anche per i propri ricordi perduti. Questa mancanza di consapevolezza, infatti, se da una parte evita il continuo rinnovarsi del dolore che si accompagna al lutto, dall’altra lascia il sopravvissuto solo e sconosciuto a se stesso (Laub e Auerhahn, 1993, p. 291).

Come dice ancora Ferenczi, è la presenza benevola e soccorrevole di un altro, di un terapeuta come testimone, che permette la riconnessione con le emozioni dolorose scisse e il ritrovamento dell’esperienza traumatica. Nel suo Diario clinico Ferenczi, opponendosi al lavoro solo intellettuale o di interpretazione di Freud, sottolinea che «per la prima volta l’analista è in grado di collegare alcuni sentimenti con l’evento originario e di conferire così all’accaduto il sentimento di un’esperienza reale» (Ferenczi, 1988, p. 62). E più avanti precisa:

Pare che i pazienti non possano credere, o almeno non completamente, alla realtà di un avvenimento se l’analista, unico testimone del fatto, mantiene un atteggiamento freddo, anaffettivo e, come i pazienti lo definiscono, puramente intellettuale, mentre gli avvenimenti sono di natura tale da suscitare in qualsiasi spettatore sentimenti e reazioni di rivolta, di angoscia, di terrore, di vendetta, di lutto […]. Si può decidere di prendere veramente sul serio il ruolo di osservatore benevolo e soccorrevole, vale a dire di lasciarsi effettivamente trasportare con il paziente in quel dato momento del suo passato — pratica che Freud mi ha rimproverato come proibita (Ferenczi, 1988, pp. 75-76).

Il trauma azzera il prima e il dopo, la connessione spazio-temporale, precipitando il soggetto in un eterno presente traumatico (anche se il trauma risale magari a vent’anni prima) o in uno stato di mera sopravvivenza. Egli o ella ha bisogno della presenza di un altro, di un compagno nel viaggio della riconnessione e della storicizzazione dell’evento o degli eventi, cioè della ricollocazione del trauma nel passato, per superarlo. In questo processo, costellato di



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