Ilduin 03 - Il Lupo Bianco by Rachel Lee

autore:Rachel Lee [Lee, Rachel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Harlequin Mondadori
pubblicato: 2007-11-05T16:00:00+00:00

Al termine del consiglio di guerra, Cilla andò a cercare Ratha nella sua tenda.

«Salute, cugina» la accolse lui. Era chino sul suo tavolino da campo, davanti a una distesa di mappe che cercava di studiare alla luce danzante delle candele. Cilla fece un gesto e vide soddisfatta che le fiamme si stabilizzavano.

Ratha ridacchiò. «Allora voi Ilduin avete anche dei talenti utili.»

«Un paio» rispose lei, maliziosa, anche se non era nella sua natura essere civettuola. Era un giudice del suo clan, una donna potente, una sacerdotessa, ed era anche stata addestrata come guerriero. Al pari di Ratha, possedeva una notevole fierezza e con lei non c’era da scherzare.

«Ci stiamo avvicinando a Bozandar» commentò.

«Sì. Le nostre pattuglie hanno cominciato a imbattersi in gruppi di schiavi fuggitivi e li portano qui. Perlomeno quelli in grado di combattere. Gli altri li mandiamo ad Anahar.»

«Lo so.»

Ratha rise di nuovo. «Continuo a dimenticare che sei una Ilduin, cugina. Abbiamo giocato troppo spesso in mezzo alle rocce, da bambini, e tu non ti facevi scrupolo di tirarmi i sassi.»

Cilla inarcò un sopracciglio. «Lo facevi anche tu con me, se non ricordo male.»

«Naturalmente. Rammenti la nostra casetta di pietra? La prima volta che cercammo di costruire qualcosa secondo gli insegnamenti ricevuti dagli anziani?»

Cilla chiuse gli occhi. Lei, Ratha e Giri avevano trascorso molto tempo giocando sulle montagne del loro Telner, ascoltando la musica delle pietre e apprendendo tramite il gioco il talento del loro popolo.

Avevano scoperto che era necessario trovare delle pietre che fossero disposte a lasciarsi modellare e a unirsi ad altre pietre. Alcune erano difficili da lavorare, emettevano tonalità cupe e cambiavano perfino di colore. I bambini avevano imparato a cercare quelle disposte a diventare parte di una casetta da gioco.

«Questo i Bozandari non l’hanno mai capito» osservò.

«Che cosa?»

«Che le rocce parlano con noi e che noi ascoltiamo e rispettiamo i loro desideri. I Bozandari ci hanno sempre costretti a fare quello che volevano, ecco perché gli edifici che abbiamo costruito per loro non sono mai stati all’altezza di quelli che creiamo per noi. Ci hanno oppresso in molti modi diversi.»

«Hai ragione. Ma adesso è importante che ci concentriamo su come rimediare agli errori del passato.»

«Senza dubbio. Ma io parlavo della nostra giovinezza, di quando sulle montagne, e da esse, imparammo le lezioni più importanti.»

«Su come lavorare la pietra?»

Cilla scosse il capo. «Sulla collaborazione e sul rispetto. Senza questi presupposti, la pietra opponeva resistenza. E anche quando era disposta a collaborare, dovevamo lavorare insieme, rispettando le idee dell’altro; per poter realizzare una struttura armonica e completa.»

«È tutto vero.» Ratha sorrise debolmente. «Ricordo che ci divertivamo molto, ma non ho mai pensato a quei giorni come a una scuola.»

«Neppure io ci pensavo, allora. Eppure avremo bisogno di quelle lezioni nei giorni a venire.»

«Spero che anche i Bozandari che si sono alleati con noi le abbiano imparate.»

«Credo di sì, perlomeno in seno al loro esercito. Spetterà a noi tirare fuori queste esperienze.»

«Non sarà facile. Per loro noi siamo sempre stati come animali o poco più.»

Cilla strinse le labbra. «Ho sentito dire che trattano meglio gli animali degli schiavi.

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