khyentse norbu, sei sicuro di non essere buddhista by [.]

khyentse norbu, sei sicuro di non essere buddhista by [.]

autore:. [.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La verità relativa: “in un certo senso” esiste

Nella filosofia buddhista, ciò che è percepito dalla mente non esiste prima che la mente lo percepisca; dipende dalla mente. Non esiste indipendentemente, quindi non esiste davvero. Ciò non significa che non esiste in un certo senso. I buddhisti definiscono il mondo percepito come una verità “relativa” - una verità valutata e classificata dalle nostre menti ordinarie. Per essere definita come “suprema”, una verità non deve essere fabbricata, non deve essere prodotto dell'immaginazione e deve essere indipendente dalle interpretazioni.

Anche se Siddharta aveva compreso il vuoto, il vuoto non era stato costruito da lui né da nessun altro. Il vuoto non è il risultato della sua rivelazione, né è stato elaborato teoricamente per aiutare la gente a essere felice. Sia che Siddharta l'abbia insegnato sia che non l'abbia fatto, il vuoto è sempre stato vuoto, anche se, paradossalmente, non possiamo neppure affermare con certezza che è sempre esistito, perché trascende il tempo e non ha forma. Né il vuoto potrebbe essere interpretato come negazione dell'esistenza – cioè, non possiamo neppure sostenere che questo mondo relativo non esiste – perché, per negare una cosa, bisogna innanzitutto aver ammesso che esiste qualcosa da negare. Il vuoto non annulla la nostra esperienza quotidiana. Siddharta non ha mai detto che esiste qualcosa di spettacolare, di migliore, di più puro o di più divino di quanto percepiamo. Non era neppure un anarchico che rifiutava l'apparenza o la funzione dell'esistenza mondana. Non disse che non c'è l'immagine di un arcobaleno o che non esiste una tazza di tè Possiamo godere della nostra esperienza, ma il solo fatto di esperire qualcosa non significa che esista davvero. Siddharta suggerì semplicemente di esaminare la nostra esistenza e di pensare che potrebbe essere solo un'illusione temporanea, come un sogno a occhi aperti.

Se qualcuno vi chiedesse di sbattere le braccia e di volare, rispondereste: “Non posso”, perché nella nostra esperienza del mondo relativo non è fisicamente possibile volare, come non è possibile nascondersi in un corno di yak. Supponiamo invece che stiate dormendo e che sogniate di volare in cielo. Se qualcuno nel nostro sogno dicesse: “Gli esseri umani non possono volare”, rispondereste: “Sì, io posso farlo, non vedi?”. E volereste via. Siddharta concorderebbe su entrambe le argomentazioni – non potete volare quando siete sveglie e potete volare quando dormite. La spiegazione sta nel concorso o meno di cause e condizioni; una condizione necessaria alla possibilità di volare è sognare. Se non sognate, non potete volare, se sognate, potete farlo. Se sognate di volare e continuate a credere di poterlo fare anche da svegli, allora è un problema. Finirete per cadere e sarete molto delusi. Siddharta dice che anche quando ci svegliamo nel mondo relativo in realtà dormiamo, e siamo preda dell'ignoranza, come i cortigiani di palazzo la notte in cui egli abbandonò la sua vecchia vita. Quando concorrono le cause e le condizioni giuste, può apparire qualsiasi cosa. Ma quando queste condizioni si sono esaurite, l'apparenza si dissolve.

Considerando come un sogno la nostra esperienza



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