King Kasai by Christophe Boltanski

King Kasai by Christophe Boltanski

autore:Christophe Boltanski [Boltanski, Christophe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: add editore
pubblicato: 2024-02-12T23:00:00+00:00


Forse avrei dovuto scegliere un altro posto dove trascorrere la notte? Ho deciso di dormire dalla parte opposta di questo serraglio silenzioso. Il mio equipaggiamento mi aspetta al vecchio ingresso del museo. Recupero il sacco a pelo nascosto dietro una panca di pietra e mi sfilo il soprabito ancora umido. Non ho proprio sonno ma sento il bisogno di stendermi, come dopo un lungo viaggio. Sotto la cupola è stata sistemata una branda per me; la superficie di cuoio nero è fissata a sei treppiedi di acciaio inox. Ci appoggio il sacco a pelo e mi sfilo le scarpe. Estraggo dalla sacca il mio quaderno a spirale, una matita e la bottiglietta d’acqua. Per cuscino userò un maglione arrotolato. Il libro di Conrad accanto a me, come lettura imprescindibile. Mi stendo e mi metto comodo quasi fossi sotto una tenda Quechua. Non serve molto per sentirsi dentro un guscio. Il bagliore del cellulare mi avvolge in una sfera gialla, calda e protettiva. Un senso di quiete mi pervade, il buio si spande.

Gli accampamenti obbediscono alle stesse regole delle stanze d’albergo: li si preferisce con vista. In mancanza di una finestra affacciata sul mare, la mia branda dà su una specie di vascello: cinque metri di altezza, sette e mezzo di lunghezza, quattro zampe grosse come boe, due vele grigie spiegate al vento, un centinaio di chili di avorio alla prua. Sono raggomitolato davanti a uno dei più grandi elefanti africani.

Per il suo rango e le sue origini, è stato battezzato King Kasai.

Sembra il titolo di un film – vedo da qui le lettere rosse comparire su un grande schermo accompagnate da un suono di tam-tam e da un barrito tonante. Ladies and gentlemen, ecco a voi l’unico, il gigantesco, l’onnipotente re della provincia del Kasai. Mi appresto a bivaccare con un colosso, un lontano cugino di King Kong e di Godzilla, probabilmente come loro pronto a schiacciare la civiltà sotto un colpo di zampa.

A forza di osservarlo mi rendo conto che il suo nome d’arte restituisce un’immagine sbagliata. Immobile, immerso in uno splendore inquieto, le orecchie consumate e battute dal vento come una vela mal bordata, la testa bassa, gli occhi spenti e cerchiati di segni scuri, sembra immensamente vecchio. La sua espressione triste nasconde chissà quale infermità segreta. Relegato in fondo alla sala, volta le spalle al resto del Creato. Troneggia in disparte e lontano da tutto, in una solitudine assoluta, come se non desiderasse avere niente a che fare con chicchessia. La testa è cascante, le zanne troppo pesanti. La pelle secca e screpolata, simile a un mantello di fango che si è sedimentato, non riesce più a contenerlo. È pieno di crepe. È nudo e fragile come il re della fiaba.

Prima di essere imbalsamati, gli animali che riempiono i musei sono spesso stati catturati vivi, poi esposti fino alla fine dei loro giorni negli zoo o nei parchi divertimenti. Si spengono dietro le sbarre e rinascono grazie a un’armatura di legno e metallo.

Questo gigante non è morto per cause naturali.



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