La casa dei fantasmi by John Boyne

La casa dei fantasmi by John Boyne

autore:John Boyne
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Rizzoli
pubblicato: 2014-12-31T16:00:00+00:00


Capitolo quindici

Per l’ora di pranzo mi ero quasi ripresa.

I bambini furono felici di non avere lezione quella mattina: non potei fare a meno di cancellare il nostro impegno perché non c’era modo che potessi concentrarmi sui sonetti di Shakespeare o sulla differenza tra una penisola e un golfo dopo un’esperienza così spaventosa e sconvolgente.

Dopo che Mrs Livermore se ne fu andata – o meglio, dopo che si fu ritirata nel suo piccolo cottage nascosto dietro gli alberi allineati sul retro delle stalle; il cottage dal quale andava avanti e indietro per tutta la giornata, perlopiù a mia insaputa – vagai per la casa, smarrita e depressa. Isabella ed Eustace erano fuori a giocare, ma io non riuscii a leggere né a cucire né a suonare il piccolo pianoforte con cui di recente avevo preso a misurarmi. Pregai invece che scendesse la sera così da potermi ritirare nel mio letto, a dormire, per quella che Coleridge aveva definito «la vasta benedizione», e svegliarmi la mattina dopo riposata e pronta a ricominciare daccapo. Chissà, forse avrei avvertito l’agghiacciante presenza nella casa, che sembrava andare e venire secondo il suo capriccio; ma tutto fu tranquillo finché non suonò il campanello d’ingresso, facendomi sussultare e gridare.

Era calato il pomeriggio. Ormai veniva buio presto e la nebbia era tornata. Non sentivo i bambini né li vedevo dalla finestra.

Attraversai l’atrio nervosamente, senza sapere che cosa mi aspettasse dall’altra parte, e subito aprii la porta solo un poco, ma poi, vedendo di chi si trattava, mi tranquillizzai.

«Mrs Toxley» dissi, un po’ sorpresa di vederla. Ma poi ricordai di averla invitata la domenica a farmi visita proprio quel pomeriggio, un appuntamento che avevo del tutto dimenticato fino a quel momento.

«Sembrate sorpresa di vedermi» disse lei ancora sulla soglia, osservando con trepidazione l’ingresso. «Avevamo detto oggi, vero?»

«Sì, sì» convenni. «Mi dispiace tanto. Posso essere del tutto sincera con voi e dirvi che mi era sfuggito di mente? Ci sono stati parecchi eventi inquietanti qui e mi sono scordata del nostro impegno.»

«Posso sempre tornare un altro giorno, se è più opportuno» suggerì lei, facendosi indietro con un certo sollievo dipinto in volto. Ma io scossi il capo e la feci entrare.

«Dovete avere un’opinione terribile di me» dissi. «Che razza di persona ne invita un’altra per il tè e poi se lo dimentica? Posso solo scusarmi.» Scrutai fuori, nella nebbia. Un’ombra passò tra gli alberi; battei le palpebre e quella svanì. «Non avete visto i bambini sul viale, vero?»

«Ho visto Isabella» fu la risposta. «Camminava con una palla in mano, e sembrava molto arrabbiata. E ho sentito Eustace gridarle dietro, ma non l’ho visto. Va tutto bene?»

Guardai rapidamente la pendola nell’ingresso. Avevano ancora tempo di restare fuori. «Va tutto bene» dissi.

«Avete l’aria stanca, Miss Caine» osservò lei, preoccupata. «Dormite bene?»

«Sì» risposi. «Ma stamattina mi sono alzata molto presto, quindi forse per quello sembro un po’ sfinita.»

«Non c’è niente di peggio che sentirsi dire che si ha l’aria stanca, vero?» disse con un sorriso, mettendomi a mio agio. «Lo trovo sempre terribilmente sgarbato.



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