La corsa by Bruno Vespa

La corsa by Bruno Vespa

autore:Bruno Vespa [Vespa, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:33:04+00:00


La prima fu il bar.

Ahò, che ssei er D’Alema vero o quello der Bagaglino? La seconda, più importante, fu un diverso modo di parlare.

I politici usano abitualmente una lingua intraducibile: il politichese.

Parlando con la gente comune, se non ci si esprime come lei si è condannati all’isolamento.

Per D’Alema fu una lezione.

Il venerdì prima del voto andò a passeggio da Campo de’ Fiori a via Arenula, poi prese l’autobus e si fece portare lontano, verso piazzale della Radio e viale Marconi, in prossimità del quartiere dell’Eur.

Si formarono capannelli e piccoli cortei.

Il candidato si rassicurò.

Il risultato elettorale fu invece tutt’altro che fantastico.

Come previsto, il presidente della Bicamerale prese meno voti di Fini e di Rutelli.

Ma quello che mandò in bestia lo staff fu il successo, vicino al 10 per cento, di una lista civica, apparentemente apartitica, nata per sostenere il sindaco Francesco Rutelli anche fuori degli stretti confini ulivisti.

La presenza tra i fiancheggiatori della lista di belle signore che mai avrebbero avuto problemi di calli fece sì che questa impegnatissima compagnia venisse battezzata lista Beautiful.

Il risentimento del Pds nacque dal fatto che essa, invece di erodere voti a destra, li aveva tolti al partito di D’Alema.

Commentò Velardi, anglosassone nel linguaggio oltre che nel taglio degli abiti: La “lista Beautiful” fu la tipica minchiata della “società civile”: nata per prendere voti ai moderati, finì per fottere noialtri.

Una catastrofica prova d’orchestra

All’ora di pranzo di martedì 12 maggio 1998, due donne lavoravano in un angolo della cucina dell’antica osteria Da Sandro al Navile, nei pressi di Zola Predosa, periferia vinicola di Bologna.

Sandro non ha figli e riversa quasi per intero il 168 La orsa l due Foscari 169

suo amore sulle bottiglie della più importante collezione di whisky del mondo.

Ma se con l’occhio destro controlla che un cognac coetaneo di Napoleone si prenda come valletto sugli scaffali un vvhisky torbatissimo appena più giovane, col sinistro s’accerta che in cucina le due donne mantengano vive al meglio le tradizioni della cucina emiliana.

L’una stende la pasta, l’altra la taglia in strisce e quadri, versa sulla giusta porzione un filo di ragù, l’avvolge e, con un gesto rapidissimo e minuto, fa nascere un microscopico tortellino.

I tortellini non sono tre volte più grandi?, chiesi a Sandro.

Quelli dei poveri sì, mi rispose, quelli dei ricchi no.

E nella sua trattoria lungo il Navile si preparano soltanto i tortellini che la tradizione riservava ai ricchi.

Più sono piccoli più è difficile farli.

Ma la qualità è inversamente proporzionále alle dimensioni.

Se Massimo D’Alema avesse visto le due donne al lavoro, avrebbe trovato una straordinaria somiglianza tra quei microscopici tortellini e la travagliata sorte della Bicamerale da lui presieduta e destinata a riformare la Costituzione dello Stato.

Anche D’Alema, nel febbraio del ‘97, era partito da una larga e comoda porzione di pasta.

Convinto di saperla lavorare meglio degli altri, l’aveva stesa e poi tagliata in strisce e quadri secondo il bisogno ora di Fini, ora di Marini, ora di Berlusconi, immaginando che in ogni caso, alla fine, il ripieno sarebbe comunque stato di suo esclusivo gradimento.

Il congresso di Forza Italia, a metà aprile, gli aveva reso il lavoro assai più difficile.



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