Wild by Cheryl Strayed

Wild by Cheryl Strayed

autore:Cheryl Strayed
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
editore: Piemme
pubblicato: 2012-12-16T23:00:00+00:00


PARTE QUARTA WILD

When I had no roof I made

Audacity my roof.

ROBERT PINSKY, Samurai Song

Mai, mai, mai rinunciare.

WINSTON CHURCHILL

11 LA LOU SENZA LOU

Ero in piedi sul bordo della superstrada appena fuori Chester, cercando di farmi dare un passaggio, quando un uomo che guidava una Chrysler LeBaron si fermò e scese. Avevo trascorso le cinquanta e passa ore precedenti facendo ottanta chilometri di trekking con Trina, Stacy e il cane, da Belden Town a un posto chiamato Stover Camp, ma ci eravamo separate dieci minuti prima, quando una coppia su una Honda Civic si era fermata, annunciando che avevano posto solo per due di noi. «Andate voi» ci eravamo dette a vicenda. «No, andate voi» finché avevo insistito che andassero Stacy e Trina, con Odino al seguito incastrato da qualche parte, rassicurandole che non c’era problema.

E non c’era problema, pensai, guardando l’uomo della Chrysler LeBaron che mi si avvicinava camminando sul bordo ghiaioso della strada, anche se avvertii una fitta di malessere mentre cercavo di capire, in una frazione di secondo, che intenzioni avesse. Sembrava un tipo a posto, qualche anno più grande di me. Era un tizio a posto, decisi, quando lanciai un’occhiata al paraurti dell’auto. C’era un adesivo verde con la scritta IMMAGINA UN VORTICE DI PISELLI.

Era mai esistito un serial killer che immaginava un vortice di piselli?

«Ehilà» lo apostrofai in tono allegro. Stringevo in mano il fischietto più potente del mondo, l’avevo afferrato senza esserne consapevole, percorrendo a tentoni Mostro finché avevo trovato il cordino arancione. Non usavo il fischietto dalla volta in cui ero stata caricata dal toro, ma sapevo sempre dov’era, come se, oltre a penzolare dallo zaino, fosse attaccato anche a un’altra corda, invisibile, collegata direttamente a me.

«Buongiorno» disse l’uomo e tese la mano per stringere la mia, con i capelli castani che gli ricadevano sul viso. Mi disse di chiamarsi Jimmy Carter, nessuna parentela, e di non potermi dare un passaggio perché non aveva posto in macchina. Guardai e vidi che era vero. A parte il sedile del guidatore, ogni centimetro disponibile era occupato da giornali, libri, vestiti, lattine di bibite e un’accozzaglia di altre cose ammassate fino al tetto. Però mi chiese se poteva parlare con me. Disse che faceva il giornalista per una pubblicazione chiamata «Hobo Times». Girava per il paese intervistando “gente” che viveva la vita dei senzatetto.

«Non sono una vagabonda» dissi divertita. «Sono un’escursionista su lunga distanza.» Lasciai andare il fischietto e stesi il braccio verso la strada, alzando il pollice in direzione di un furgoncino. «Sto facendo il Pacific Crest Trail» gli spiegai, lanciandogli un’occhiata e desiderando che risalisse in macchina e se ne andasse. Dovevo trovare due passaggi su due superstrade diverse per arrivare a Old Station e lui non stava contribuendo alla causa. Ero sporca e i vestiti erano anche più sporchi, ma ero pur sempre una donna sola. La presenza di Jimmy Carter complicava le cose, falsando il quadro per chi passava alla guida di un’auto. Ricordai per quanto tempo ero rimasta sul bordo della strada quando stavo cercando di arrivare a Sierra City con Greg.



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