La democrazia non esiste by Piergiorgio Odifreddi

La democrazia non esiste by Piergiorgio Odifreddi

autore:Piergiorgio Odifreddi [Odifreddi, Piergiorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00


Una persona, un voto

(Elettori)

Per poter votare in uno Stato moderno bisogna averne la cittadinanza, con tutti i problemi che la sua acquisizione comporta. La residenza, invece, non solo non basta, ma non serve: quasi dovunque, un residente non può votare se non è cittadino, ma un cittadino può votare anche se non è residente. Due rare e notevoli eccezioni sono la Danimarca, dove un cittadino perde il diritto di voto dopo due anni di residenza fuori dal paese, e il Regno Unito, dove il diritto si perde dopo quindici anni.

La discrasia fra cittadinanza e residenza è un retaggio del peccato originale della democrazia: il fatto, cioè, che fin dall’antichità essa sia stata definita con il sofisma del “potere al popolo”, inteso come insieme di astratti cittadini, invece che semplicemente come “potere alla popolazione”, intesa come insieme di concreti residenti. Ad esempio, in quella culla della democrazia che fu l’Atene di Solone e Pericle, non erano cittadini né gli immigrati legali e liberi, chiamati “meteci”, né soprattutto gli schiavi, che costituivano la maggioranza della popolazione maschile.

Eliminati dal conto i meteci e gli schiavi, si calcola che ad Atene non avesse diritto di voto che il 10% della popolazione maschile: a questa minoranza si applicava finalmente il principio “un cittadino, un voto”, che però non significava affatto “un uomo, un voto”. In termini moderni, dunque, non si trattava per nulla di una democrazia, ma di una ristretta oligarchia, che comunque era sempre meglio di una monarchia o di una tirannide, almeno per l’aristocrazia che votava, mentre per il rimanente 90% della popolazione non c’era una gran differenza.

Il problema dell’immigrazione fu risolto diversamente dai Romani, che avevano a che fare non con tante entità locali e separate come le città-stato, ma con la sola entità globale e unificata di un sempre crescente impero. Anche a Roma, agli inizi, erano cittadini romani solo i nativi della capitale, e non gli immigrati legali e liberi, chiamati “peregrini”, né ovviamente gli schiavi. Ma una volta raggiunta l’integrazione tra il centro e le province dell’Impero Romano, la Costituzione Antoniniana del 212 abolì la categoria dei peregrini ed estese la cittadinanza a tutti i residenti liberi.

Per quanto riguarda il diritto di cittadinanza agli immigrati legali, c’è un’ovvia analogia tra le città-stato dell’antica Grecia e gli stati dell’Europa moderna. Se e quando le nazioni raggiungeranno invece la coesione sociale e l’unità politica dell’Impero Romano, gli stati saranno costretti a lasciar cadere le loro barriere e ad abbattere i loro muri, e l’Unione Europea potrà finalmente adottare una politica di apertura degna di uno stato sovranazionale.

Sia in Grecia, sia a Roma, i cittadini votavano solo al raggiungimento della maggiore età. La restrizione era ovvia, ma il limite stabilito era convenzionale: infatti variava, a seconda dei luoghi e dei tempi, ma si aggirava attorno al periodo fisiologico del raggiungimento della pubertà. Ancor oggi i paesi islamici continuano a sincronizzarsi sull’orologio biologico, ponendo il limite della maggiore età attorno ai 15 anni per gli uomini, e abbassandolo per le donne, addirittura fino ai 9 anni in Iran.



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