La fabbrica delle verità by Fabio Martini

La fabbrica delle verità by Fabio Martini

autore:Fabio Martini [Martini, Fabio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2017-05-14T22:00:00+00:00


Dalla tv dei partiti al partito della tv

Tra trent’anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione.

ENNIO FLAIANO

Alla fine degli anni cinquanta gli Stati Uniti e il Vaticano, due emittenti che avevano esercitato grande influenza sull’opinione pubblica italiana in termini di valori e di suggestioni, irradiano messaggi completamente diversi dal passato. Sotto l’influenza di personalità carismatiche – il presidente americano John Fitzgerald Kennedy e papa Giovanni XXIII – si avvia al tramonto la stagione delle contrapposizioni frontali e questo cambio di atteggiamento si diffonde gradualmente anche in Italia. Si apre una stagione destinata a produrre enormi spiazzamenti tra i persuasori occulti della politica. Negli anni sessanta si scoprirà che le gambe di Mina o lo sketch di un comico possono far più consenso di una tribuna politica. La tv di Stato aveva iniziato a raccontare un’Italia che somigliava a quella vera, un paese che stava cambiando. E infatti a metà degli anni settanta si scoprirà che poco o nulla contava poter disporre del controllo monopolistico della televisione per indirizzare il consenso. E successivamente, al trapasso del secolo, neppure il controllo di tutta l’emittenza – pubblica e privata – garantirà una prolungata permanenza governativa al proprietario del network concorrente della Rai.

Al cinema, per la verità, già a partire dagli anni cinquanta la rappresentazione degli italiani era cambiata: in Pane amore e…, in film come Poveri ma belli e successivamente nelle commedie, sul finire del decennio si cominciavano a raccontare, sia pure con toni soft, personaggi e realtà del popolo, storie di giovani che incarnavano nuovi modelli di comportamento e di consumo. Poi, nei primi anni sessanta lo sguardo di registi e sceneggiatori si fa più caustico, si raccontano senza ipocrisie i «nuovi» italiani, sempre meno altruisti, sempre più individualisti. Nei film della commedia all’italiana campeggia un «divo» come Alberto Sordi, che – come ha scritto il giornalista Marco Damilano nel suo Democristiani immaginari – è al tempo stesso «il fustigatore e lo specchio»1 di una stagione. Le commedie, pur restando aperte a diverse letture da parte dello spettatore – dalla complicità alla riprovazione per i vizi dei protagonisti – finiscono per cambiare l’immagine dell’Italia rassicurante e casareccia di qualche anno prima. Alle commedie si affiancano i film d’autore – da Fellini a Visconti, da Rosi a Petri, da Bellocchio a Ferreri – e il successo al botteghino di entrambi i generi dimostra la simpatia del pubblico per poetiche diverse ma convergenti.



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