La filosofia del cane by Unknown

La filosofia del cane by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2023-01-30T00:00:00+00:00


3.3 Desiderio: la nostalgia di sé stessi

Ma torniamo alla questione cardine: l’animale che ti guarda. Non gli basta vedere. Ci sono momenti nella vita in cui realizzi il vuoto che fino a quel momento ha guidato la tua esistenza. Abbiamo parlato di uscire dalla caverna, di ripercorrere quel percorso arduo della conoscenza: ogni cambio di stato porta a sofferenza, ogni transizione è un lutto che va nutrito e vissuto con coraggio. Chiedersi “chi sono io?” significa fare un viaggio profondo dentro sé stessi e mettere sulla graticola tutte le convinzioni, le zone di confort che fino a quel momento ci avevano garantito quella pace ovattata, ma soffocante, che spesse volte abita le nostre vite. Jünger nel Trattato del ribelle mette in luce una questione davvero importante: la ricerca di confort che guida la vita dell’uomo* contemporaneo; secondo il filosofo non si cerca verità, non appagamento, ma confort: è questo ciò che ci dirige nell’azione. È confortevole sentirsi accettati dalla società, è altrettanto confortevole sentirsi parte di un sistema che apparentemente funziona giacché funzionale, ma quanto questa cosa è effettivamente veritiera? Quanto questo genera gratificazione e non appagamento? Marchesini in molti suoi interventi distingue chiaramente la nozione di appagamento da quella di gratificazione. Ho sempre trovato questa distinzione fondamentale per focalizzare alcune delle problematiche che imperversano la nostra epoca. La gratificazione è il piacere immediato. Sono gratificata quando mi compro qualcosa, ma quanto perdura questo confort? Talmente poco che ho subito bisogno di possedere qualcosa di altro. Talmente poco che, a volte, neppure il comprare un oggetto è più capace di farmi sentire bene. È sulla gratificazione che si fonda la nostra società dei consumi, è su questo bisogno costante di essere premiati per qualcosa, che continuiamo a guidare da bendati le nostre vite senza accorgerci di chi siamo effettivamente. Ci basta una lavatrice, un telefono, un’automobile, ma il cerchio non si chiude mai giacché si basa sui bisogni e non sui desideri. Necessito di un premio perché non sono mai appagato. Necessito di continuare in maniera compulsiva a svolgere le stesse medesime azioni perché continuo a vivere in una zona di confort che mi impedisce di entrare a contatto con quello che davvero sono, di dare una direzione sincera e profonda alla mia vita.

L’appagamento è tutt’altro: è mettere in scena nel teatro del tempo ciò che effettivamente sono, è rintracciare il mio ruolo in questo piccolo lasso di tempo in cui il mio principio di identificazione mi ha assegnato un compito in questa dimensione della vita. Oltre questo protagonismo non c’è niente se non il vuoto del consumo: consumo di prodotti, di oggetti, di persone, di tempo. Consumare il tempo, come nell’intrattenimento (si pensi ai quiz televisivi, ai grandi fratelli, alle vite degli altri messe in scena per consolare il vuoto della nostra) e non vivere il tempo riempiendolo di ciò che siamo o di ciò che vorremmo essere.

Il desiderio non ha niente a che fare con il bisogno come l’appagamento è completamente differente dalla gratificazione. L’appagamento fonda sul desiderio



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