La fine dell'acqua by Vincenzo Corraro

La fine dell'acqua by Vincenzo Corraro

autore:Vincenzo Corraro [Corraro, Vincenzo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Les Flâneurs
pubblicato: 2022-01-31T04:00:00+00:00


IV.

Ci sono vite impastate di rinunce, che la smettono di capire, mosse da un girovagare al minimo delle possibilità; vite a scappamento ridotto, amava pensare Luisa, che sono il risultato di un continuo sottrarre all’abbondanza. E lei aveva imparato sin da bambina ad adagiarsi, per educazione e per indole, dentro questo gioco sparagnino di desideri semplici e un po’ frammentari, nettamente separati da quelli irrealizzabili e malati di una prospettiva – lei così li vedeva – effimera, ingenua, superflua. Quella spigolosa e severa demarcazione tra un effettivo modo di essere e un altro possibile (una volta credeva che la politica lo preparasse, ma la boria degli uomini ha rovinato pure quell’attesa) che il disincanto aveva accantonato, lei si era come corazzata; se appariva malmostosa era perché certe volte i fatti della vita andavano più veloci, imperscrutabili e cinici.

Fu Valeria ad accorgersi che la sua voce tradiva smarrimento, un peso che non riusciva a cacciare.

«Vieni con me!» le disse. «Ho perso il conto di quanti favori mi deve ’sto lecchino!», parlava trepidante e partecipe, come se sapesse. Luisa era solo ansiosa di tornare a casa e riabbracciare sua figlia. Nella testa cercava le parole per spiegarle il suo fallimento.

Giunti al piazzale, l’autista si prendeva gli ultimi istanti di fresco sotto il pergolato. Valeria lo buttò giù dal pullman e lo strinse verso il muretto di pietre a secco, con un gesto così violento che persino le cicale smisero di frinire. Al cavallo veloce basta una frustata, all’uomo intelligente una parola: «Tua moglie ha rotto il cazzo, Leo!».

La fronte dell’autista si contrasse, e non per celia.

«Tua moglie lo ha proprio rotto, minchione! All’una, le due di notte, le tre, quando mangio, quando piscio: una volta di queste rispondo e le spiattello tutto».

Urlava a scatti, la sua faccia irridente alitava a due passi: «che credi, che io non tengo famiglia, i figli grandi?», riprendeva Vale a gesti larghi, alzando la voce per farsi sentire il più lontano possibile. Luisa stava parecchi passi indietro, non capiva.

«Ma che ti prende, scema! Il caldo ti ha dato al cervello?», urlava Leo respirando forte, rannicchiato su un fianco, come a proteggersi i genitali.

Valeria gli afferrò la patta: «Se proprio non riesci a tenertelo al guinzaglio, non mettere in mezzo noi povere criste… sono stufa di coprirti, di ammaccare palle! Tua moglie è depressa, Leo, lo vuoi capire? Non sta bene e io tengo una dignità! Ma guardati, hai l’età mia!».

Leo, divincolatosi, si arrovellava il baffo, e indietreggiando la studiava.

Riprese a parlare febbrile: «La comunione a tua figlia gliel’hai fatta?».

«E certo!».

«E come è stata? Una bella festa, con tutti i parenti, i compari, le paste, il ristorante, vero?».

«Ma che vai dicendo!?».

«Rispondi!», Valeria prese il cellulare e mostrava a Leo le chiamate senza risposta della moglie.

All’autista non restava che andare a fondo: «La festa? Certo. Sono passati venti anni, come vuoi che sia stata? Come tutte le feste…».

«Eh, no! Non tutte!», fece segno a Luisa di avvicinarsi. Leo cominciò a schermirsi, arrossendo. Contento che lei non volesse insidiare sul serio la sua tranquillità domestica, rimase in attesa del prezzo.



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