La gemella H by Giorgio Falco

La gemella H by Giorgio Falco

autore:Giorgio Falco
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788858412640
editore: Giulio Einaudi Editore
pubblicato: 2014-02-17T23:00:00+00:00


Intermezzo

L’acqua del Naviglio Grande ha una superficie oleosa, uno sciroppo denso e bituminoso resistente all’urto, difficile da infrangere con l’affondare del corpo, utile forse a una deriva transitoria su lastre maleodoranti. Non si intravedono pesci, solo un fondale indistinto a due metri di profondità, pietre mimetizzate nella sabbia senza alcuna forma di vita. Arrivo al ponticello di San Cristoforo senza sforzo. Vorrei legare Blondi attorno a un palo della luce, dove sono appese fotocopie, i numeri telefonici di case in vendita e lo smarrimento di un gatto, ma la lascio libera, sull’alzaia. L’acqua è solo un metro e mezzo al di sotto della strada. All’inizio è un lampo fresco, come se mi tuffassi giovane, di testa, nella voce dei cinegiornali, gli acuti dei bambini sulla riva del lago di Starnberg, a tre metri dal fondo in cui nuotano donne nate nel XIX secolo, che indossano costumi neri e cuffie di rose rosse, come se fossi al Lido di Merano, ancora un po’ di neve sulle montagne intorno, e sono cosí felice da sentire un dolore scambiato per un colpo di freddo al petto, quel pomeriggio del 1945. I capelli si allungano rallentati nella corrente muta, la spinta delle braccia consapevoli, un movimento fluido, ininterrotto, e poi l’abbaglio puzzolente, l’inspirazione breve nell’apnea e l’immaginazione della luce, che arriva a scrosci, con un moto di sorpresa, nonostante pianifichi questo momento da sessantotto anni. Sono duecento centimetri al di sotto della superficie, attraverso l’umida barriera, ora toglietemi tutto, discendenze che non avrò mai, e intorno ancora Blondi, per sempre, a pochi centimetri da me, si tuffa con la spinta delle zampe posteriori, atterra in acqua, nuota, mi sfiora, sento le zampe, le unghie, riemergo nell’allontanarsi del respiro, affondo, non respirare dove respira Blondi, dice mia madre, lo vedi che perdi le cose? Nella separazione del corpo divento il limite in continuazione, rilascio le braccia lungo i fianchi circondati da solchi centrifughi, definitivi. La corrente mi riporta indietro, le sirene cercano un pertugio sopra il silenzio dell’acqua. I soccorritori appoggiano la mia nuca al selciato, non pompano nemmeno sul petto. La camicia è fatta di me stessa, i pantaloni aderenti al corpo ringiovanito, alla morte sempre piú evidente. Ho intorno un capannello di curiosi, pensionati in tuta con i giornali gratuiti sotto braccio come baguette, trentenni sudate in pantaloncini, sostano senza smettere di muovere le gambe, riprendono subito la corsa, in attesa del prossimo evento.

I capelli grigi sono appiccicati alle guance, la nuca accanto a un pacchetto di sigarette accartocciato. Curiose sono anche le auto dall’altra parte del Naviglio, proseguono lente, ignare all’inizio, quando cedono all’accordo rancoroso dei clacson, poi si placano, risucchiate da uno sbadiglio, le teste allungate meccanicamente verso il mio cadavere annusato da Blondi, che rifiata con la punta del naso vicino al cranio. Un carabiniere la allontana, Blondi ringhia, il guinzaglio sporco a penzoloni. Il carabiniere appoggia la mano alla fondina della pistola, no, attenzione, dice un pensionato, è il cane della donna.

Sono stesa su un tavolo dell’obitorio. Il giorno seguente le cronache cittadine e nazionali dei quotidiani riportano le iniziali H.



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