La Grande occasione. l'Italia verso le riforme by MASSIMO D'ALEMA (e Gianni Cuperlo)

La Grande occasione. l'Italia verso le riforme by MASSIMO D'ALEMA (e Gianni Cuperlo)

autore:MASSIMO D'ALEMA (e Gianni Cuperlo)
La lingua: ita
Format: epub
editore: mondadori
pubblicato: 2015-08-18T16:00:00+00:00


Un nun~n Pnrlamentn 9

garanzia degli spazi di concertazione, e dunque con una logica del tutto diversa da quella bipolare.

Da questo punto di vista, è clamoroso come il rispetto di alcune regole formali si traduca ormai in una serie inutile di lungaggini procedurali prive di significato.

Purtroppo, la nuova ondata di deputati e senatori catapultati dalla «società civile» nelle aule di Camera e Senato ha finito con l'assorbire molti di quei difetti, privilegiando spesso le tecniche dell'ostruzionismo, anche quando non è necessario.

Ora, nessuno discute che la democrazia si sostanzia nel rispetto delle forme, ma c'è qualcosa di irrazionale nella votazione di centinaia di emendamenti pressoché identici o nel trascorrere delle ore in dichiarazioni di voto che nessuno si prende neppure la briga di ascoltare.

Si tratta naturalmente di un problema che va al di là della procedura. È davvero preoccupante che la nuova classe dirigente continui a concepire il proprio ruolo nel Parlamento secondo una logica datata, senza rendersi conto che le novità intervenute hanno già modificato alcune funzioni anomale alle quali il Parlamento è stato a lungo obbligato.

È come se i rappresentanti della Seconda Repubblica, dopo aver scagliato frecce awelenate sulle responsabilità della vecchia politica, non volessero o sapessero distaccarsene.

Ne deriva uno spettacolo penoso, dove la «cultura del maggioritario» tende a tradursi nella costruzione di piccoli notabilati territoriali, mentre il traguardo del bipolarismo viene periodicamente allontanato e ostacolato.

Sono argomenti che ho già affrontato, accennando alle differenze tra il vecchio e il nuovo ceto politico.

Con il passare del tempo non posso che confermare la mia opinione: una classe dirigente non si inventa e non si improvvisa.

È debole quella democrazia incapace di costruire il proprio ricambio nella continuità dei valori, che non significa affatto immobilismo, ma conservazione di una cultura istituzionale, di un senso delle regole.

Nel nostro paese, a que sto livello, è stato devastante l'impatto dei fenomeni corruttivi, perché ha profondamente alterato il modo di percepire le istituzioni da parte dei cittadini. È venuto meno il rispetto per la politica e per lo Stato, qualcosa che in una democrazia dovrebbe costituire una sorta di tabù.

Ma ciò rende ancora più preziosa l'opera di rinnovamento intrapresa, e impone una maggiore coerenza tra nuovi principi e comportamenti individuali.

Tanto più che, anche in questo caso, ciò che prima si è presentato sotto forma di tragedia non potrebbe che riprodursi come farsa.

Non è un caso, dunque, né una semplice opportunità tecnica se adesso è finalmente possibile riformare norme e regolamenti.

Lo si può fare perché è mutata la relazione tra chi governa e chi si oppone.

Dopo che si è spezzato il meccanismo consociativo, diventa ragionevole, di fronte a quei diecimila emendamenti paralizzanti, affermare: «No, c'è un tempo definito entro il quale si vota, e ciascuno si assuma le proprie responsabilità».

Oggi, insomma, l'antica ambiguità di ruoli è venuta meno; non solo non ce n'è più bisogno, ma qualunque volontà di riprodurla otterrebbe come unico risultato un arretramento del nostro bipolarismo.

Mi pare difficile sostenere che non si tratti di un modello più democratico e degno di un paese civile. È chiaro



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