La lingua delle spine by Leigh Bardugo

La lingua delle spine by Leigh Bardugo

autore:Leigh Bardugo [Bardugo, Leigh]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-10-11T12:00:00+00:00


IL PRINCIPE SOLDATO

ALLA FINE LA COLPA SE LA PRESE l’orologiaio. Ma il signore e la signora Zelverhaus non avrebbero dovuto farlo entrare in casa. Questo è il problema con i demoni, anche quelli minori. Si presentano alla tua porta con il cappotto di velluto e le scarpe lucidate. Si toccano il cappello e sorridono, hanno buone maniere a tavola. E non ti mostrano mai la coda.

L’orologiaio era chiamato Droessen, anche se girava voce che non fosse di Kerch, ma Ravkiano; che fosse il figlio in esilio di un nobiluomo, o forse un Fabrikator caduto in disgrazia, bandito dalla sua terra per motivi ignoti. Il suo negozio si trovava sulla Wijnstraat, nel punto in cui il canale si piegava come un dito che ti invitasse ad avvicinarti, ed era conosciuto in tutto il mondo per i suoi favolosi orologi, per gli uccellini di bronzo che intonavano una canzone diversa a ogni ora, e per i minuscoli uomini e donne di legno che recitavano scenette divertenti, a mezzanotte e poi di nuovo a mezzogiorno.

Era giunto alla fama quando aveva costruito un indovino a orologeria che, se si tirava una certa leva, muoveva sopra il tuo palmo la mano di legno lucidato e ti prediceva il futuro. Un mercante aveva portato sua figlia al negozio prima delle nozze. Dopo una serie di schiocchi e di rumori metallici, l’indovino aveva aperto la bocca di legno e aveva sentenziato: «Troverai il grande amore, e più oro di quanto desideri». Il mercante aveva comprato l’automa intelligente come dono di nozze per la sua amata bambina, e tutti i presenti alla celebrazione avevano convenuto di non aver mai visto una sposa e uno sposo più innamorati. Ma la nave su cui si era imbarcata la ragazza per la luna di miele era talmente sovraccarica di beni e di monete che era affondata al primo accenno di tempesta, e tutti si erano perduti nel mare indifferente. Quando il mercante aveva ricevuto la notizia, si era ricordato delle parole intelligenti dell’automa e, ubriaco di infelicità e di acquavite, aveva ridotto l’oggetto in minuscoli pezzi, a pugni. I domestici l’avevano trovato riverso tra i rottami il giorno dopo, ancora in lacrime, con la camicia macchiata e le mani insanguinate. Ma il triste racconto aveva attirato nuovi clienti alla porta dell’orologiaio, in cerca di oggetti fantastici e sovrannaturali.

E trovavano molte meraviglie nel suo negozio: leoni d’oro fulvo che cacciavano gazzelle meccaniche sopra praterie di velluto; un giardino di fiori smaltati impollinato da colibrì composti di pietre preziose, che ronzavano e mormoravano su fili così sottili da sembrare davvero in volo; un orologio con calendario a meccanismo rotante – esposto sullo scaffale più alto, lontano dagli occhi curiosi dei più piccoli – popolato da automi umani che commettevano omicidi efferati, uno diverso ogni mese: il primo di gennaio due contendenti si sfidavano a duello sopra una distesa di ghiaccio, emettendo sbuffi di fumo e piccoli scoppiettii dalle pistole; a febbraio un uomo immobilizzava la moglie e la strangolava mentre il suo amante si nascondeva tremante sotto il letto disfatto; e così via.



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