La macchina del gene by ramakrishnan

La macchina del gene by ramakrishnan

autore:ramakrishnan [ramakrishnan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-01-27T23:00:00+00:00


Figura 11.1. Un momento emozionante: poter riconoscere una chiara doppia elica di RNA, con piccoli rigonfiamenti corrispondenti ai gruppi fosfato su ciascun filamento.

A questo punto Daniela Rhodes, una mia collega, suggerì che avremmo dovuto pubblicare i nostri risultati su «Nature». Daniela è ben nota per il suo lavoro sulla cromatina, ma era anche la persona che nei due decenni precedenti aveva svolto uno studio importante sul tRNA con Aaron Klug e Brian Clark. Eravamo diventati buoni amici durante il mio periodo sabbatico ed era stata molto favorevole al mio trasferimento a Cambridge. Aveva parlato dei nostri risultati con uno dei curatori di «Nature» il quale ci contattò dichiarandosi molto interessato a pubblicarli. Pensammo che un breve resoconto con la descrizione dei nostri progressi sarebbe stato un buon modo per marcare il territorio. Per motivi storici questi brevi resoconti di «Nature» sono chiamati «lettere», in modo da distinguerli dagli articoli, lavori più lunghi e significativi. Tuttavia più lungo non vuol dire necessariamente migliore o più importante. Uno degli articoli più famosi di «Nature», la descrizione di Watson e Crick della struttura della doppia elica del DNA, è in realtà una lettera sorprendentemente breve, di appena ottocento parole.

Ma sembrava che qualcosa non funzionasse nelle nostre mappe. Riuscivamo a vedere moltissimo RNA, ma non c’era traccia di proteine. Dovevano essere lì, dal momento che ce n’erano circa venti nella subunità 30S. Forse perché non erano altrettanto dense dell’RNA, non riuscivamo a individuarle nelle nostre mappe. Mi stavo interrogando su questo problema quando notai che, in parte, alcune zone a maggiore densità nella mappa avevano l’aspetto di tubi assai più sottili delle doppie eliche dell’RNA. Di fatto questi sembravano della dimensione giusta per essere alfa eliche, strutture sovente presenti nelle proteine, inoltre in alcuni punti i tubi erano premuti uno sull’altro proprio come fanno queste eliche nelle proteine. Scrissi a Brian e gli dissi che cosa avevo visto, quindi andai a dormire.

Non ero pronto per la sorpresa che mi aspettava quando andai al lavoro il giorno seguente. Ovviamente sapevo che avrei trovato le solite email dallo Utah che mi informavano dei progressi compiuti mentre dormivo, ma quella mattina trovai numerosi messaggi di Brian. La prima mi diceva che, sì, si era accorto che non eravamo riusciti a vedere nella mappa la densità delle proteine, ma ora ne aveva addirittura identificata una, la S6.

Alla risoluzione che avevamo ottenuto, non avremmo potuto ricostruire da zero la struttura di una nuova proteina, ma se era già nota potevamo inserirla nella mappa in modo che, in linea di massima, corrispondesse alla densità osservata. Anders Liljas aveva collaborato con Maria Garber per risolvere la struttura isolata della S6. Di norma le proteine sono costituite da elementi strutturali come le alfa eliche, che dovrebbero sembrare tubi a questa risoluzione, e di filamenti beta estesi che si ripiegano avanti e indietro formando foglietti appiattiti. Brian riuscì a prendere la struttura atomica della S6 e a inserirla nella mappa di densità della 30S semplicemente individuando i punti in cui si allineavano le eliche simili a tubi e i foglietti beta appiattiti.



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