La partita della vita by Unknown

La partita della vita by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2020-02-15T00:00:00+00:00


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Bombe nelle vene, bombardamenti in Serbia

Non sono una persona semplice da gestire, in un letto d’ospedale poi… So essere dolce e anche divertente, ma con la stessa facilità divento scontroso, orso, antipatico. Non sempre ho voglia di parlare, figuriamoci se non ho dormito, sono stanco, ho nausea, febbre, batto i denti e nello stesso tempo sudo… E magari entra qualcuno, comincia a farmi domande, mi chiede come sto, vuole chiacchierare: probabilmente per distrarmi, tenermi compagnia o solo per creare un rapporto umano. In certi brutti momenti, vorrei solo spegnere il mondo e sentirmi meglio. Ogni voce, ogni cosa mi alimenta un fastidio.

Spesso rispondo alla prima domanda solo per cortesia e poi non nascondo il mio umore nero: «Scusa, lasciami stare, non ho voglia di parlare, non chiedermi niente, fai quello che devi fare ed esci…». Mi dispiace pormi così, ma non posso farne a meno. Devo già sopportare la malattia, non sono disposto a soffrire anche per altro. Spero nel tempo di essermi fatto conoscere e anche perdonare qualche eccessivo nervosismo e sbalzo di umore.

Medici e infermieri vengono sette-ottto volte al giorno. Chi per le visite, chi per rifare la camera, chi per disinfettare il bagno, chi per portarti da mangiare. Tutto perfettamente programmato. Per entrare nella mia camera sterilizzata bisogna passare due porte che creano una zona intermedia sanificata. Quando si aprono e si chiudono, si sente un piccolo spostamento d’aria. Ormai faccio talmente attenzione a ogni minimo particolare che dal modo di aprire la porta e dal sibilo che ne segue capisco chi sta entrando: quale dottore, infermiera o addetta alle pulizie. Non ho bisogno di vederli, lo so prima.

Questa sensibilità massima mi fa tornare in mente i racconti sui raid aerei della Nato in Serbia durante la guerra del Kosovo. I bombardamenti sono la cosa più angosciante che possa esistere perché se vieni colpito da una bomba non puoi salvarti. Nel momento in cui la sganciano e comincia a cadere, si avverte una specie di fischio e in base all’intensità chi è a terra intuisce se esploderà vicino o lontano. Quando, con linguaggio bellico, cure come le mie vengono definite un «bombardamento», capisco che è solo un modo per far capire la quantità di terapie e medicinali a cui si viene quotidianamente sottoposti, ma chi utilizza questo paragone non sa cosa significa essere sotto un vero bombardamento.

Nonostante la stagione del 1998-1999 sia stata sportivamente intensa ed emozionante nel bene e nel male, io la vivo con grande sofferenza perché è scoppiato l’ennesimo conflitto al centro dei Balcani. Stavolta la regione che diventa teatro di morte, crimini e devastazioni è il Kosovo, a causa della richiesta di indipendenza e della sempre più difficile convivenza tra la comunità serba e quella albanese della popolazione kosovara. Come in tutte le altre guerre che da dieci anni insanguinano la Jugoslavia, anche questa presenta lo stesso scenario iniziale: le relazioni interne tra diverse etnie e comunità religiose, fino ad allora pacifiche, si complicano con l’intensificarsi dei nazionalismi e la crescita di movimenti indipendentisti.



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