La pelle by Curzio Malaparte

La pelle by Curzio Malaparte

autore:Curzio Malaparte
La lingua: it
Format: mobi, epub
pubblicato: 2012-11-21T11:10:24+00:00


Per tutto il tempo che passammo a Pisa, rimanevamo quasi tutto il giorno chiusi in casa, e solo verso mezzogiorno uscivamo a spasso lungo il fiume, lungo il bel fiume pisano, l'Arno dal colore d'argento, sui bei Lungarni chiari e freddi: poi andavamo nella Piazza dei Miracoli, dove sorge la torre pendente che fa Pisa famosa nel mondo. Salivamo sulla torre, e di lassù miravamo la pianura pisana fino a Livorno, fino a Massa, e le pinete, e il mare laggiù, la palpebra lucente del mare, e le Alpi Apuane bianche di neve e di marmi. Quello era il mio paese, quello era il mio paese toscano, quelle erano le mie selve e quello il mio mare, quelli erano i miei monti, quelle le mie terre, quelli i miei fiumi.

Verso sera andavamo a sederci sul parapetto dell'Arno (quello stretto parapetto di pietra sul quale Lord Byron, durante i suoi giorni d'esilio a Pisa, galoppava ogni mattina in sella al suo bell'alesano, fra le grida di spavento dei quieti cittadini), e guardavamo il fiume scorrere trascinando nella chiara corrente foglie bruciate dall'inverno e le nuvole d'argento dell'antico cielo di Pisa.

Febo passava lunghe ore accucciato ai miei piedi, e ogni tanto si alzava, si avvicinava alla porta, si voltava a guardarmi. Io andavo ad aprirgli la porta: e Febo usciva, tornava dopo un'ora, dopo due ore, ansante, il pelo levigato dal vento, gli occhi schiariti dal freddo sole d'inverno. La notte, egli levava il capo ad ascoltare la voce del fiume, la voce della pioggia sul fiume. Ed io, talvolta svegliandomi, sentivo su me il suo sguardo tiepido e lieve, quella sua presenza viva e affettuosa nella stanza buia, e quella sua tristezza, quel suo deserto presentimento della morte.

Un giorno uscì, e non tornò più. Lo aspettai fino a sera, e scesa la notte corsi per le strade, chiamandolo per nome. Tornai a casa a notte alta, mi buttai sul letto, col viso verso la porta socchiusa. Ogni tanto mi affacciavo alla finestra, e lo chiamavo a lungo, gridando. All'alba corsi nuovamente per le strade deserte, fra le mute facciate delle case che, sotto il cielo livido, parevano di carta sporca.

Non appena si fece giorno, corsi alla prigione municipale dei cani. Entrai in una stanza grigia, dove, chiusi in fetide gabbie, gemevano cani dalla gola ancora segnata dalla stretta del laccio del chiappino. Il guardiano mi disse che forse il mio cane era rimasto sotto una macchina, o era stato rubato, o buttato a fiume da qualche banda di giovinastri. Mi consigliò di fare il giro dei canai, chi sa che Febo non si trovasse nella bottega di qualche canaio?

Tutta la mattina corsi di canaio in canaio, e finalmente un tosacani, in una botteguccia presso la Piazza dei Cavalieri, mi domandò se ero stato alla Clinica Veterinaria dell'Università, alla quale i ladri di cani vendevano per pochi soldi gli animali destinati alle esperienze cliniche. Corsi all'Università, ma era già passato mezzogiorno, la Clinica Veterinaria era chiusa. Tornai a casa, mi sentivo nel cavo degli occhi un che di freddo, di duro, di liscio, mi pareva di aver gli occhi di vetro.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.