La ragione contro il potere by Noam Chomsky & Jean Bricmont

La ragione contro il potere by Noam Chomsky & Jean Bricmont

autore:Noam Chomsky & Jean Bricmont [Chomsky, Noam & Bricmont, Jean]
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2019-05-16T00:00:00+00:00


La scienza e la filosofia

Domanda 1. So che lei non ama le parole «polisillabiche» come «filosofia», ma almeno due filosofi, McGinn e McGilvray (forse anche altri) hanno scritto libri34 che, secondo quanto da loro stessi dichiarato, si sono ispirati alla sua filosofia.35 Mi permetta quindi di porle qualche domanda sulle sue idee «filosofiche».

Sia chiaro, non ho nessuna obiezione verso la parola «filosofia» o verso la filosofia in sé. Le «parole polisillabiche» che non amo sono quelle concepite, a mio giudizio, per rendere oscuro ciò che può essere detto in maniera semplice, creando una falsa impressione di profondità. Non mi arrogo alcuna originalità su questo. È uno dei principali temi della filosofia angloamericana del ventesimo secolo, e dei suoi predecessori del diciottesimo secolo (compresi gli illuministi francesi e scozzesi), per i quali provo molta simpatia.

Lei dà spesso l’impressione di essere un realista, uno scienziato con i piedi per terra, forse l’ultimo positivista (si veda la quinta domanda qui di seguito). D’altra parte, le sue idee innatiste contengono una forte componente costruttivista. A volte lei suggerisce che l’esperienza abbia poco impatto sulla nostra visione del mondo, che si sviluppa secondo meccanismi interni. Sotto questo aspetto, sembra presentare una versione biologica di Kant. Come conciliare questi due punti di vista? Se la nostra visione del mondo è data a priori, allora come può essere oggettiva? O è solo una costruzione mentale, con poco contatto con la realtà? Oppure esiste una coincidenza tra le due, e lei la considera come una specie di accidente? In questo caso, come spiegarla? Non crederà forse in una sorta di armonia prestabilita? Questa coincidenza è determinata dalla selezione naturale?

Non suggerisco affatto che l’esperienza abbia poco impatto sulla nostra visione del mondo. Adotto piuttosto la prospettiva tipica delle scienze biologiche rispetto agli organismi, compresi gli esseri umani. I cosiddetti «stati mentali», come gli altri stati dell’organismo, sono determinati dall’interazione tra fattori geneticamente determinati, l’esperienza e l’azione delle leggi della natura extra-organica. Cerchiamo di comprendere questa interazione e i suoi effetti, senza imporre nulla a priori. Non conosco ragioni per supporre che le «facoltà umane superiori» si situino in un modo o nell’altro al di fuori della natura. In realtà una «versione biologica di Kant» esiste già ed è stata sviluppata, quasi in questi stessi termini, da Konrad Lorenz. Credo che questa espressione abbia senso, ma per altre ragioni. La vaga somiglianza con Kant deriva dal fatto che quest’ultimo si rifaceva a idee precedenti con cui sussiste una similitudine ben più profonda: quelle dei cartesiani e dei neoplatonici del diciassettesimo secolo in particolare. Negli studi classici di storia della filosofia talvolta se ne parla, per esempio in quelli di Arthur Lovejoy.36 Ho scritto su questo argomento diversi anni fa. James McGilvray, nel libro a cui lei fa riferimento, indaga ulteriormente questi temi.

Non c’è motivo di conciliare i due punti di vista [da lei citati], proprio come non dobbiamo conciliare le nostre conoscenze sull’apparato visivo dei mammiferi con la concezione tipica dello «scienziato con i piedi per terra», per cui esiste



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