La schiavitu del capitale by Luciano Canfora

La schiavitu del capitale by Luciano Canfora

autore:Luciano Canfora
Format: epub
pubblicato: 2017-02-14T16:00:00+00:00


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[1] «Corriere della Sera», 28 aprile 2016, p. 19.

IV.

La schiavitù che ritorna

«Nel febbraio del 1995 il Senato del Mississippi, uno dei baluardi storici del razzismo Usa, ha approvato il XIII emendamento della Costituzione americana siglato nel 1865 secondo cui la schiavitù volontaria o involontaria non potrà esistere entro i confini degli Stati Uniti»[1]. Mesi addietro ho letto in pubblico questa notizia nel corso di un incontro organizzato dal festival «èStoria» di Gorizia (21 maggio 2016). Avevo appena finito di parlare quando un docente di una qualche università statunitense, Paul Finkelman, saltò con estrema agilità sul palco e incominciò a sbraitare gridando al “falso”. Cercai di arginare il suo torrenziale slang rispondendogli in tedesco, ma temo non abbia capito nulla. Mi affrettai allora a ricercare nel «New York Times» conferma di quanto pubblicato dal «Corriere della Sera». E ne trovai ampia conferma: la vicenda in realtà si era penosamente protratta fino al giugno 1995[2]. Ma il docente inalberato continuò a inalberarsi. Pazienza: si vede che quello è tuttora un nervo scoperto. E come non lo sarebbe se negli Usa si spara sul presunto borseggiatore nero perché è nero? È cronaca dell’estate 2014 (alla fine del XX secolo era tradizione che i ghetti neri esplodessero sistematicamente ad ogni estate). Ma nel caso cui ci riferiamo, l’uccisione di Michael Brown a Ferguson (Missouri) il 9 agosto 2014, il poliziotto assassino fu assolto per essersi giustificato così: non è vero che il giovane ucciso avesse alzato le mani in segno di resa, al contrario![3] Alzava le mani per mettersi in posizione di attacco (come una pantera verso la preda). Ridere è fuor di luogo perché si tratta della perdurante consuetudine di considerare i poveri di colore come esseri inferiori e da trattare dunque come «umanità di seconda classe» come lo storico latino Anneo Floro definiva gli schiavi. La mentalità e la pratica schiavistica durano ben oltre le abrogazioni formali. Con buona pace dei nervosi docenti texani.

Ma neanche l’Europa (concetto curiosamente invalso nonostante la sua vaghezza: qui lo usiamo ad indicare le ex grandi potenze Francia e Inghilterra in primis), neanche l’Europa – dicevamo – può tanto facilmente autoassolversi su questo terreno.

Non sarà male ricordare che l’abrogazione della schiavitù coloniale varata dalla Convenzione nazionale a Parigi nel febbraio 1794 rimase di fatto lettera morta poiché nel frattempo buona parte delle colonie francesi nelle Antille era passata, nel turbine della rivoluzione in Francia, sotto controllo inglese e la liberale Inghilterra aveva provveduto a vanificare gli effetti dell’abrogazione. Di qui la necessità di una nuova solenne abrogazione, nel 1848 – nella Seconda Repubblica –, sotto l’impulso di Henri Wallon e di Victor Schoelcher. Intanto incubava, in Usa, la feroce guerra civile sfociata nella secessione del Sud, baluardo della schiavitù.

Durante tale guerra, che parve, agli Europei, fenomeno inerente all’arretratezza americana, colpisce l’anomalia di avere popolazione schiava all’interno dello Stato (gli Usa nella fattispecie): gli Europei i loro schiavi li avevano ancora, ma negli altri continenti, sotto forma di colonie. Anzi, nei decenni successivi, soprattutto Inghilterra e



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