La scuola non serve a niente by Andrea Bajani

La scuola non serve a niente by Andrea Bajani

autore:Andrea Bajani [Bajani, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Education, Aims & Objectives
ISBN: 9788858112359
Google: YmWEoAEACAAJ
Amazon: 8858112350
editore: Laterza
pubblicato: 2014-04-28T22:00:00+00:00


Un giorno, non ricordo il perché, ci troviamo a parlare dei fantasmi. La Moldava ci passa accanto, lungo la Moldava scendono i battelli, e sopra i battelli i turisti fanno fotografie a tutto ciò che gli si para davanti. Compresi noi che camminiamo, e che nostro malgrado finiremo dentro album fotografici di perfetti sconosciuti in giro per il mondo. Cosí all’improvviso un ragazzo mi dice che il mondo in cui viviamo secondo lui è popolato di fantasmi, cioè di persone che non ci sono piú da un pezzo ma che ciononostante si ostinano ad andarsene in giro in mezzo ai vivi. I turisti sul battello che ci sfilano accanto, per dire, sono fantasmi. Noi no. Marco si definisce un visionario. Quando lo dice guarda verso il cielo, come se fosse quello, da qualche parte in mezzo alle nuvole, il punto da cui i fantasmi partono per venir giú dopo essere saliti in seggiovia. Poi mi indica un gruppo di persone che attraversa correndo le strisce pedonali, con una guida turistica davanti a tutti che brandisce un ombrello chiuso. Praga è piena di guide turistiche che corrono brandendo ombrelli e di persone che attraversano le strisce a rotta di collo a causa di semafori troppo frettolosi. Nel complesso, la breve durata del verde ai semafori, unita alle cariche di persone che passano imbizzarrite da un lato all’altro della strada, rendono gli incroci praghesi dei luoghi piuttosto pericolosi.

Quando vediamo correrci incontro una comitiva di tedeschi inferociti, Marco dice «Anche loro son fantasmi, non ti sembra?» Io che dei fantasmi ho ancora la concenzione tardo infantile di gente nascosta sotto grandi lenzuola bianche, guardo i tedeschi sgambettare dentro i sandali (nonostante i rigori di questa falsa primavera) e dico perplesso «Sarà, ma a me sembrano vivi e molto determinati a non finire sotto le macchine». Poi gli faccio notare che mi sembra che per lui siano tutti quanti fantasmi. Tutti tranne lui. O meglio, tutti tranne lui, i suoi compagni, e per grazia ricevuta pure io. Lui guarda me, poi guarda la Moldava, e poi non dice piú nulla. Gli è venuto un broncio strano in faccia, non vorrei averlo offeso. Guarda il cielo come se la seggiovia dei fantasmi si fosse inceppatta all’improvviso, e i fantasmi fossero rimasti a penzolare lassú. Nel frattempo il nostro gruppo si allunga e si sfilaccia, le soste fotografiche frammentano ancora di piú il cordone di persone, e i semafori proseguono indisturbati la loro selezione naturale. Tra le occupazioni dei ragazzi, la preferita in questi giorni è filmare i professori che corrono. Corrono goffamente, come si corre goffi, scoordinati e appesantiti soltanto da grandi, quando ormai non si corre piú, quasi che correre fosse un fatto volgare, antiestetico, poco consono agli adulti. I ragazzi si accorpano in capannelli, guardano i filmini chinandosi in un intrico di teste e colli sulla macchina fotografica, e poi ridono di scoppi improvvisi.

Quindi mi ritrovo accanto a Marco, il broncio che gli si è già quasi del tutto sciolto dalla faccia. Mi cammina di lato per un po’, senza parlarmi.



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