La società liquida. Che cos’è e perché ci cambia la vita by Thomas Leoncini

La società liquida. Che cos’è e perché ci cambia la vita by Thomas Leoncini

autore:Thomas Leoncini [Leoncini, Thomas]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Education, Multicultural Education, Educational Psychology
ISBN: 9791254841129
Google: gdWtEAAAQBAJ
editore: IlSole24Ore
pubblicato: 2023-02-23T23:00:00+00:00


L’amore per i lavori del passato

Più la nostalgia è forte e più si svuota di ricordi reali. La psicologia cognitiva insegna che la memoria è sempre ricostruttiva: ciò che pensiamo di rivivere “tale e quale” in un ricordo, lo stiamo ricostruendo e ogni volta, rivisitandolo, sommiamo piccole modifiche che nel tempo possono finire per snaturarlo quasi completamente, senza che ce ne rendiamo conto.

Ecco perché se ripensiamo ai tempi della scuola ci possiamo sentire quasi ovattati al pensiero di tornare a quel preciso istante passato; ma siamo sicuri che quando c’eravamo stavamo così bene?

Guardarsi indietro permette la visione di se stessi, ma senza la paura di ciò che sarà: guardando indietro vediamo l’uomo solido, ma quando vivevamo l’esperienza eravamo liquidi, con tutte le caratteristiche annesse e connesse. Spesso parlare di progresso tecnologico o di robot ci fa piombare nel terrore dello sconosciuto, ci fa temere di perdere il controllo e allora la nostalgia si frappone come mediatore salvifico e ci ricorda quanto erano utili e genuini i lavori di una volta (ma questo soprattutto perché analizzandoli a ritroso abbiamo il loro futuro dalla nostra parte).

Nella fabbrica fordista i conflitti erano all’ordine del giorno, ma analizzandone a ritroso il clima possiamo constatare che le traiettorie di carriera erano saldamente costruite, le abitudini dei lavoratori erano certamente faticose ma stabili e le qualifiche professionali ottenute avevano vita lunga e soprattutto, tratto ancora più saliente, la paura poteva essere relegata tra gli imprevisti del destino.

Scrive Bauman in Modus Vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido riferendosi proprio al lavoro in fabbrica: «Tutti coloro, e non erano pochi, i quali erano privi di qualsiasi capitale tranne la loro capacità di lavorare per altri potevano contare sulla collettività. La solidarietà trasformava la loro capacità lavorativa in un sostituto del capitale, e in un tipo di capitale che si sperava, non a torto, potesse bilanciare la forza combinata di tutti gli altri capitali».

Il robot è agli antipodi della solidarietà, almeno finché non ne verrà creato uno con l’intelligenza emotiva, e lavorare in un ambiente di robot è lavorare soli, sapendo che con le macchine non si può scendere a compromessi.

I media internazionali da tempo si stanno infatti chiedendo tra quanto ci sarà un vero e proprio boom di posti di lavoro “rubati” dai robot e della possibile distruzione del lavoro a causa dell’automazione dibattono scienziati, sociologi e economisti.

Un recente sondaggio della Kaiser Family Foundation, condotto su un folto campione di disoccupati americani tra i 25 e i 54 anni, ha dimostrato che il 35% di loro crede di essere disoccupato a causa dello sviluppo della tecnologia.

La storia però insegna che lo sviluppo tecnologico è sempre stato corrispondente alla creazione di nuovi posti di lavoro e non dell’opposto: una ricerca dell’Università di Chicago ha rilevato che l’88% dei suoi economisti sottolinea che storicamente l’innovazione non ha mai distrutto posti di lavoro negli Stati Uniti.

Come dimostra un’analisi della Brookings Institution, storicamente il progresso tecnologico ha creato trionfatori e sconfitti, ma nel lungo periodo ha permesso lo sviluppo di più posti di lavoro di quanti ne abbia eliminati.



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