Delitti di regime by Ben Pastor & Enrico Solito

Delitti di regime by Ben Pastor & Enrico Solito

autore:Ben Pastor & Enrico Solito [Pastor, Ben & Solito, Enrico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Aliberti editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il gruppetto che si allontanò dalla casa qualche minuto più tardi era, a dir poco, singolarmente curioso: due uomini di mezza età ben vestiti, un giovanotto dall’aria sbarazzina e un moccioso. “Meno male che non volevo dare nell’occhio” pensava Morosini ironico, ma fece buon viso a cattivo gioco. Camminarono silenziosi per le strade deserte, con le finestre ben serrate. Qualcuno passava e scantonava subito, mentre lontano si sentivano i passi cadenzati delle ronde dei soldati. Le case erano tutte molto semplici, quelle tipiche dei paesi d’allora: casuccie a due piani appoggiate le une alle altre in lunghe file, con le facciate chiare rallegrate da gelosie verdi e gerani rosso fuoco, e dai panni che qua e là si stendevano dalle finestre. Da una di quelle strade si trovarono di botto in un’enorme piazza a quadrilatero, chiusa al lato opposto dal bel Palazzo Municipale – un edificio moderno, su tre piani – e da altre case ancora, di una certa eleganza.

— Quello dietro a noi è il muro del cimitero, che chiude la piazza — fece il Conti. — Guardate, son fori di pallottole.

Il muro, infatti, era tutto scheggiato. E Morosini notò subito i segni sul villino adiacente l’angolo, ad altezza d’uomo.

— Noi si era laggiù, a metà piazza, vicino la cantonata con la via. Accanto al caffè, vedete? Quella è via Mazzini — indicò il ragazzino.

— Dove l’hanno colpito, il tuo amico?

— Dietro la testa, qui. Anche gli altri, ho sentito. Li han presi tutti alla schiena.

— Venite con me. Tu restatene qui, figliolo; voglio dare un’occhiata più in là. Fate caso se vedete bossoli per terra: se abbiamo fortuna gliene sarà scappato qualcuno — borbottò Morosini avviandosi con aria indolente verso il centro della piazza. — Fate finta di passeggiare e di chiacchierare.

Nel gruppo di gendarmi che sostava nell’androne del Palazzo, proprio di fronte a loro, c’era intanto un certo fermento: soldati e poliziotti uscivano ed entravano, come a portare ordini. Alcuni avevano fissato il gruppetto e dopo un poco una pattuglia di tre soldati e un sottufficiale, armi in pugno, puntò decisamente sui tre.

— Chi siete? — chiese ruvidamente il superiore, un sergente ancora giovane.

Morosini, con aria sorpresa, allargò le braccia.

— Non lo riconoscete, sergente? L’onorevole Pescetti, deputato del Regno! Siamo qui perché abbiam saputo... Mi meraviglio che a un parlamentare non sia tributato il rispetto che la sua carica...

L’uomo si irrigidì sull’attenti, imbarazzato. — Scusatemi, signori, ma obbedivo agli ordini. Fate pure.

— Brutta storia, eh? Sarete stati attaccati, mi figuro.

— Una folla immensa, signore, una massa di esagitati. Ci hanno scaraventato addosso una sassaiola così fitta che non me ne ricordo un’altra, e anche qualche sparo. Noi, per difenderci...

— Certo. Molti feriti tra i vostri?

— Nessuno.

— Avevano una mira pessima codesti lanciatori di sassi, allora. Mi han detto, però, che non si son sentiti gli squilli della tromba.

— Col dovuto rispetto, sbagliate, signore. Il delegato ha indossato la sciarpa e fatto fare gli squilli, tutto secondo le regole. Ma purtroppo... credo che la maggior parte delle vittime sia stata colpita dai sovversivi stessi – per sbaglio, si capisce.



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