Un amico di Kafka by Issac Bashevis Singer

Un amico di Kafka by Issac Bashevis Singer

autore:Issac Bashevis Singer [Singer, Issac Bashevis]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-04-18T00:00:00+00:00


2

Al ristorante stentai a riconoscere Liebkind Bendel. Nonostante la giacca gialla, una camicia rossa e una cravatta a puntini dorati, era pallido come se fosse reduce da una malattia. Seduto sull’orlo della sedia, rigirava un lungo sigaro tra le labbra e aveva già ordinato un cognac. Prima che facessi in tempo a sedermi mi disse: «Ho trovato una soluzione, ma tu mi devi aiutare. Eleanor è appena morta in un incidente aereo. Ho parlato con Frau Schuldiener e mi spalleggerà. Tu non devi far altro che andare a prendere quel vecchio dongiovanni all’aeroporto e accompagnarlo in albergo. Digli che sei un amico di Eleanor, o un nipote. Io gli prenoterò una stanza e pagherò in anticipo per un mese, dopodiché me ne laverò le mani. Che se ne tomi a Londra e si trovi la figlia di un lord».

«Potresti fingerti tu stesso un amico di Eleanor».

«Non posso. Mi si appiccicherebbe come una sanguisuga. Da te che cosa può ricavare… i tuoi manoscritti? Passerai qualche ora con lui e poi non ti darà più noia. Alla peggio, gli pagherò il volo di ritorno in Inghilterra. Mi salverai la vita e te ne sarò grato per sempre. Non dargli il tuo indirizzo, digli che vivi a Chicago, o a Miami. C’è stato un tempo in cui avrei sborsato una fortuna per passare mezz’ora in sua compagnia, ma non mi interessa più. Ho paura di lui. Sono sicuro che non appena lo vedrò e nominerà Eleanor scoppierò a ridere. In effetti ero qui seduto che ridevo da solo. Il cameriere deve aver pensato che ero uscito di testa».

«Bendel, non posso farlo».

«È la tua ultima parola?».

«Non posso recitare una simile buffonata».

«Be’, se è no è no. Allora dovrò farlo io… gli dirò che sono un lontano cugino, un parente povero, anzi, che lei addirittura mi manteneva. Come mi chiamo? Lipman Geiger. A Vienna avevo un socio che si chiamava così. Aspetta, devo fare una telefonata».

Liebkind Bendel saltò su e corse verso una cabina telefonica, dove rimase per una decina di minuti. Attraverso la porta di vetro lo vedevo girare le pagine di un taccuino, facendo strane smorfie. Quando tornò disse: «Ho prenotato l’albergo e tutto il resto. Cosa me ne faccio di tutti quei matti? Chiuderò la rivista e andrò in Palestina a fare l’ebreo. Tutti questi scrittori sono teste vuote, non hanno niente da dire. A cinquant’anni mio padre si svegliava per le preghiere di mezzanotte e il dottor Walden a sessantacinque vuole sedurre un’ereditiera. La sua ultima lettera era un poema: il Cantico dei Cantici. E a chi interessa la sua enciclopedia? Quella Frau Schuldiener è una scema, e per di più si comporta da scema».

«Magari Walden potrebbe sposare lei».

«Ha più di settant’anni. È già bisnonna. Una volta, a Francoforte… o ad Amburgo… non ricordo dove, faceva l’insegnante. Ha copiato le sue frasi da un’antologia di lettere d’amore. Forse dovrei procurami una che sappia recitare il ruolo di Eleanor. Che ne dici di un’attrice yiddish?».

«Sanno soltanto piangere».

«Da qualche parte a New York



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