La vendetta è un gusto (Italian Edition) by Giancarlo Ibba

La vendetta è un gusto (Italian Edition) by Giancarlo Ibba

autore:Giancarlo Ibba [Ibba, Giancarlo]
La lingua: ita
Format: mobi, epub
ISBN: 9788866900856
editore: Simplicissimus
pubblicato: 2012-08-04T22:00:00+00:00


DODICI

Il temporale cessò quasi di colpo, alle ventuno e trenta, lasciando un pessimo ricordo di sé nella città e i suoi abitanti. Tranne uno... Lorenzo Carta. Io. Per me, tutto quel frastuono meteorologico non era stato che il tetro scenario (ignorato) delle mie ultime disavventure. Solo contorno.

Percorsi Via Garibaldi a passo svelto, più bagnato dell’acqua, diretto al mio appartamento, deciso a ignorare tutto e tutti, per poi chiudermi in camera, spogliarmi e infine buttarmi sul letto a soffrire in silenzio, inzuppando il cuscino di calde lacrime. In quel momento, mi sentivo profondamente deluso, umiliato, schifato e disperato. Strane e assurde ossessioni germinavano nella mia testa, contorcendosi come vermi affamati. Il vero supplizio stava nei particolari, diceva il saggio. Nel mio caso mai così vividi e fondamentali. Tremendi interrogativi nascevano (e non morivano) in progressione geometrica. Tipo: da quando è lesbica? Perché non me l’ha detto subito? Ha sempre finto l’orgasmo con me? Perché proprio con Betta? Oppure c’è qualcun’altra? Molte altre? Come ho fatto a non scoprirlo prima? Le facevano schifo tutti gli uomini?

(pensa positivo)

Soltanto io?

(a July piacciono anche i ragazzi)

Continuai a torturarmi, con un gusto per il dolore degno del marchese De Sade, con queste e molte altre simpatiche questioni fino a che non misi piede nell’appartamento. Qui, al mio turbamento, si aggiunse anche la stupida sensazione che tutti sapessero tutto e non aspettassero altro che il mio ritorno per mettermi sotto. Ovviamente, non era affatto così.

Quando la porta si chiuse alle mie spalle, vidi che Lucio era incollato al telefono, parlava a voce alta e si grattava distrattamente i testicoli. Non mi concesse neppure uno sguardo, si limitò a un cenno di saluto.

Mentre appendevo all'attaccapanni il cappotto gocciolante, attraverso il rettangolo di vetro smerigliato della porta, notai che la luce in camera di Cri era accesa, forse studiava, forse dormiva, forse erano solo cazzi suoi. Al contrario, la luce era spenta in camera di Flavio. Vagamente, ricordai qualcosa a proposito di una partita di pallavolo che si giocava quella sera. Frattanto, Lucio dava del coglione a qualcuno per ignoti motivi e subito dopo lo salutava dicendo: “Ehia, okay... ‘tando ciao”

Dopo aver riagganciato, si rivolse a me e chiese: “Dov’eri?”

Faceva spesso questo genere di domande: tipico dei nuoresi.

“In giro...” ribattei, infastidito.

“Ti sei bagnato?”

Sbottai: “No! Questo è sudore!”

Lasciai Lucio, interdetto, nell’atrio e mi diressi verso la mia camera. Passando nel corridoio, sbirciai in cucina e intravidi Franco che avvitava il fondo di una caffettiera da quattro, faceva la sua buffa risata da foca, lanciava un’occhiata alla televisione (per non perdere il filo di qualche telefilm americano) e replicava con sarcasmo alla battutaccia (che non avevo sentito) della ragazza mora con gli occhiali che gli stava affianco.

La ragazza si chiamava Annalaura, alloggiava in un appartamento dall’altra parte della strada, con altre studentesse e in quei giorni stava preparando l’infausto esame di Fisica 1. Anche se si erano conosciuti da pochissimo tempo, un paio di settimane, lei e Franco erano diventati molto amici (anche se alcuni pettegoli sostenevano che tra loro ci fosse ben altro).



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