Le cose che bruciano by Michele Serra

Le cose che bruciano by Michele Serra

autore:Michele Serra [Serra, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858834541
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2019-04-03T22:00:00+00:00


18.

Riparlare con Beppe Carradine, prima o poi

Penso spesso a Beppe Carradine. Sicuramente più del dovuto. È come se lo avessi ancora di fronte, con la sua gola color del legno e i suoi chiari occhi inespressivi, e la discussione con lui fosse ancora in corso. Come se mi sentissi in obbligo di confutare le sue assurde formulette a proposito dello Spirito Santo, non così peggiori o più gravi o più inverosimili della montagna di fantasticherie e arzigogoli prodotti, nei secoli dei secoli, trascrivendo trascrivendo, dai Carradine di ogni ordine e grado.

Mi sembra di vederli tutti. Una sola grande corporazione professionale disseminata per il mondo, e distribuita popolo per popolo e secolo per secolo nella quantità necessaria a ricopiare tutta quella roba, sotto diretta dettatura di Dio. Quelli che sollevando lo sguardo dalla pagina vedono, oltre la loro finestrella claustrale, neve e betulle, e quelli che vedono sabbia e palme. Chi disturbato dall’urlo della scimmia chi dal bramito della renna, chi interrotto dalle tante mogli chi dal morso della castità, chi vestito da prete chi da dottore, ma tutti uguali, in fondo, nel loro diligente leggere, scrivere, ricopiare e mandare a memoria le infinite righe dei loro sacri testi, e relative chiose. Qualcuno – più coraggioso? più empio? – che aggiunge una parola alle tante già prodotte, oppure ne cancella un’altra. Un solo sterminato, inconsapevole esercito (inconsapevole, voglio dire, di essere una cosa sola) di scriba e predicatori, di sapienti e calligrafi, di stampatori e rilegatori che come le termiti, goccia di fango su goccia di fango, hanno edificato l’impressionante, troneggiante termitaio delle credenze religiose. Se invece di chiamarla pomposamente Parola di Dio volessero riconoscerne, per improvvisa illuminazione, l’umile natura di lavoro umano – perché hanno lavorato tantissimo, i Carradine, per tenere insieme i loro pazzeschi edifici di parole – li abbraccerei tutti. Ammesso che loro vogliano abbracciare me.

Quando faccio lavori manuali – segare legna, spostare sassi, spazzare foglie, strappare erbe infestanti – e gli automatismi del corpo lasciano libero il cervello di vagare per suo conto, come il cane finalmente sciolto, è soprattutto allora che ricomincio a pensare a Carradine, e per suo tramite ai Carradine al gran completo. Avverto una prossimità fisica, da lavoratore a lavoratore: io che accatasto ciocchi, loro che inanellano parole. La fatica e la pazienza ci affratellano, il prodotto finale è molto differente (sostanzioso il mio, evanescente il loro) ma la catasta della legna deve reggere così come deve reggere l’impaginazione delle fole religiose. C’è una cocciutaggine, c’è un metodo, c’è una disciplina in chi lavora, e solo chi lavora può riconoscerla negli altri. Beppe Carradine che vagola per le valli, bussando di casa in casa, giorno dopo giorno, ultimo anello della sua catena, fattorino della Parola di Dio, sa bene quanta pazienza ci vuole, per reggere tutti quei chilometri e quei campanelli, quelle attese di fronte a recinzioni ostili e cancelli chiusi, quel muto disprezzo.

Da come parlava si intendeva bene che il suo livello culturale è assai più basso del mio. Lui è l’ultimo



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