Le due schiavitù by Beniamino Placido

Le due schiavitù by Beniamino Placido

autore:Beniamino Placido [Placido,Beniamino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-11-28T00:00:00+00:00


Se il suo “messaggio” non è stato raccolto da Amasa Delano; se non è stato raccolto nemmeno da tanti altri capitani americani venuti dopo di lui, capaci di calcare i ponti di tante altre navi straniere, accecati dalla convinzione della loro innata superiorità, incapaci di capire quel che accade (o è accaduto) intorno a loro, serva almeno a noi. Ci stimoli a raccogliere la sfida del marinaio-oracolo, a tagliare quel nodo, a sgrovigliare il groviglio fitto di pretesti, di “coperture”, di alibi dietro i quali l’America si nasconde. Lo si dice per l’America di quegli anni; lo si dice per l’America degli anni successivi.

Perché da queste premesse (da queste, non da altre) una analisi “politica” dell’immaginazione americana può cominciare.

E infine, per il funzionamento complessivo di Benito Cereno dentro le coordinate storiche e politiche del suo tempo. È vero: la struttura ad endiadi ne fa un racconto connotato in senso opposto a Uncle Tom’s Cabin. Ma una analisi delle retoriche sottese alle due diverse narrazioni non ne esaurisce l’impianto, né l’impatto ideologico. Il modello linguistico riconferma qui i suoi limiti, per l’interpretazione di un testo letterario. In quanto figura retorica l’endiadi non ha una sua semantica autonoma, per quanto la si possa domani ricercare, come si è fatto ieri per “la semantica della metafora e della metonimia”. Tutto quello che si è detto (e che si conferma) sul coraggio morale di Melville quando riduce le distanze fra ne*ro e bianco, usando l’endiadi, e li impone alla considerazione del lettore, insieme, sulla stessa barca, non basta a dar conto della “politica” del racconto. Perché bisogna aggiungere che non è stato letto; che il lettore non ha voluto prenderlo in considerazione. E non basta.

Così come non basta l’accanimento analitico dispiegato dagli americanisti di scuola francese, l’assalto in forze condotto da tutti gli uomini (e le donne) di Viola Sachs, nell’“ouvrage collectif” pubblicato da Mouton qualche mese fa, e che ha per titolo: Le blanc et le noir chez Melville et Faulkner. Non è la prima volta che ci si occupa della presenza, della persistenza degli stereotipi del ne*ro negli scrittori americani. Non sarà l’ultima. I bibliografi sanno – e ci rammentano – che si è cominciato con John Nelson nel 1926 (The Negro Character in American Literature), si è continuato con Sterling Brown nel 1937 (The Negro in American Fiction), si è ripreso dopo la guerra con Seymour L. Gross e John E. Hardy (Images of the Negro in American Literature, 1966), con Nancy M. Tischler (Black Masks: Negro Characters in Modern Southern Fiction, 1969), con Catherine Juanita Starke (Black Portraiture in American Fiction, 1971). Per finire – in un senso lato – con Daniel Aaron (The unwritten War: American Writers and the Civil War, 1973).

Rispetto a questo tipo di trattazione – e rispetto anche alle trattazioni classiche di Benito Cereno (da Ivor Winters, a F.O. Matthiessen, a Charles Neider) l’équipe dell’“Université Paris VIII” realizza un indiscutibile passo avanti: l’atteggiamento di Melville e di Faulkner nei confronti del ne*ro non è dedotto –



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