Le voci delle betulle by Eloisa Donadelli

Le voci delle betulle by Eloisa Donadelli

autore:Eloisa Donadelli [Donadelli, Eloisa]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788893426718
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


32

Occhi rossi

«TI aspetto a casa mia, stasera. Mia madre prepara una cena salentina doc», disse Bastiano il giorno dopo averle chiesto praticamente di seguirlo in capo al mondo con la fede al dito. Senza possibilità di replica.

La novità l’aveva fatto diventare un satellite ingovernabile che non riusciva a percepire l’universo che lo sosteneva.

Passerà quest’euforia strana! pensò lei sorridendo. Ma non poté accettare l’invito.

Quella sera suo padre la cercò e lei si dedicò solamente a lui: doveva comunicarle quel tipo di finale che nessuno vorrebbe ascoltare. L’inevitabile tragedia personale. La loro tragedia famigliare.

Perché, senza di lui, il suo mondo affondava. Lui che l’aveva sempre spronata, consigliata, protetta. Lui che le aveva insegnato ad amare, che aveva reso forte una bambina scarna e timida.

«Stellina», le disse con il suo sguardo buono, «la vita scorre fino a un certo punto. Poi, senza chiedere il permesso, cambia rotta. Lascia il corpo e continua più in alto.»

Lei non capì quella strana metafora, ma il cuore cominciò a batterle all’impazzata. Rimase senza energia. Afflosciata su se stessa, come i palloncini persi dai bambini durante la fiera, che tornano dal cielo striminziti.

Orazio aveva cercato per giorni le parole adatte, colmo di paure senza risposta.

Fremeva per se stesso, perché il non sapere cosa ci aspetta è peggio del dolore. Ma per lei indossò una maschera di pacatezza, per continuare fedelmente quel suo modo particolare di proteggerla dalla vita e renderla forte allo stesso tempo.

«È un tumore, papà?»

«Una di quelle bestiate lì, stellina mia.»

Lacrime trasparenti cominciarono a fluirle lungo le guance leggere.

«Ho provato a non dirtelo. Ma non è onesto nasconderlo. Un tumore al fegato.»

«Ma papà, si potrà curare, no? Al giorno d’oggi…»

Orazio stava seduto mollemente sulla poltrona di pelle usurata, quella con i poggioli di legno e le impunture di metallo. Lei seguì con lo sguardo quelle file di bottoni scuri che delimitavano il confine tra legno e pellame fino ad arrivare alle mani di suo padre, che giocherellavano senza scopo con il sigaro spento.

Poi lui alzò gli occhi con l’iride dilatata e la fissò. Fu uno sguardo antico, i suoi occhi azzurri erano senza veli.

«Io non credo negli accanimenti terapeutici. Non voglio vomitare l’anima, in una stanza sconosciuta e asettica. Vediamo come va, senza esagerare. Voglio finire la vita con chi amo, nella mia casa. Voglio finire con dei bei ricordi.»

Suo padre era irremovibile. Aveva scelto di galleggiare sul male fisico con sentimenti buoni.

Le lacrime di Bernadette continuarono a gocciolare nel silenzio, come rivoli primaverili. Smise solo la notte, quando crollò in un sonno duro, senza spazio per i sogni.

Josephine aveva staccato il telefono della grande casa per non disturbare quello scambio intimo tra padre e figlia. E pianse sola, in cucina, impastando una tarte au sucre.

Bastiano telefonò varie volte, perché a Rozzano la aspettavano per cena. Preoccupato, prese la Panda del padre e si presentò a casa Laudis. Lei dormiva già e le si sdraiò accanto. Si ritrovarono al mattino.

«Che occhi rossi hai, sono per vederci meglio?» cercò di scherzare, ma lei tremò e si fece piccina.



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