L'ebreo che ride by Moni Ovadia

L'ebreo che ride by Moni Ovadia

autore:Moni Ovadia
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
ISBN: 9788858414378
editore: Einaudi
pubblicato: 2008-06-09T22:00:00+00:00


Le «oscure potenze del sentimento» non impediscono all’ebreo del witz, attraverso una felice stereotipizzazione umoristica, di rimettere a posto sia la poetica problematicità di Freud, che il masochismo intropunitivo di Weininger.

Due ebrei orientali che sono immigrati da qualche tempo a Vienna hanno saputo da una singolare pubblicità apparsa su un giornale popolare che un prete zelante, preso da un autentico furore messianico, vuole redimere i peccatori giudei e, per convincerli, offre loro per convertirsi cento scellini. I due sono alla fame, la tentazione è troppo grande, i complessi di colpa non riescono ad avere ragione dei crampi causati dai numerosi pasti saltati. Yankele e Moishele, cosí si chiamano casualmente i nostri due ebrei, si recano all’indirizzo indicato dalla pubblicità e si trovano davanti ad una bella chiesa barocca, davvero un monumento impressionante. I due sono colti da improvviso tremore, forse per senso di colpa, forse perché la croce ricorda loro eventi funesti, o forse perché temono che la cerimonia di conversione comporti qualche pratica dolorosa.

Yankele, il piú pavido, dice a Moishele: «Vai tu Moishele per il primo, sempre sei stato il piú coraggioso, sempre eri ultimo di scappare qvando ce l’era il pogrom».

«Tu sempre sei ugvale Yankele, ogni volta metti su me tutta il responsabilità. Va bene», acconsente Moishele, alzando gli occhi al cielo, «con aiuto di haKodosh Borukhu… Farò io per il primo il conversione».

«Boruhu Borukh Shemoy!» commenta benedicente Yankele tra sé e sé mentre, sollevato, segue con lo sguardo Moishele fino a quando non lo vede sparire, inghiottito dall’imponente portale della chiesa. Passa mezz’ora, tre quarti d’ora, un’ora e ancora Moishele non si vede. Yankele non sa cosa fare, entra in uno stato di tremenda agitazione, le mani gli sudano come delle fontanelle, non sa se ha caldo o freddo. La sua testa non riesce a ragionare: «Chiedere aiuto al rabbino, khas ve kholile! (il cielo scampi!) minimo qvello mi ammazza… Andare al polizia? Ma cosa lo posso dire? Che un Moishele è stato ucciso con un conversione? Qvelli mi crederanno meshigge e mi metteranno nel manicomio!…»

Fra quei pensieri è trascorsa un’altra mezz’ora. Quand’ecco che si apre il portale della chiesa e ne emerge Moishele che procede a passi lenti e sicuri verso l’amico sgomento. Yankele, appena ripresosi dallo sconcerto, saltellando di gioia corre verso Moishele e quando gli è vicino, tutto eccitato gli dice: «Ay vey iz mir amico mio, sei qvi, che bello, dimmi, dimmi, dimmi. Nu? Racconta!»

Moishele appare circonfuso di una nuova luce e tiene un portamento eretto. Getta uno sguardo fra il beato e lo sprezzante a Yankele e, sospirando infastidito, risponde: «Prima di tutto mi chiamo Paolo, non Moishele, secondo… (tu qvesto non puoi capire) è stato un cerimonia belissimo. Mi hanno trattato come un vero mansparshoin. Il prete mi teneva il mano sul testa e mi sussurrava belle parole di pace, amore, vita eterna. Poi qvando mi ha versato il aqva sul testa, ha fatto un brokhe nel lingva latino e tutti qvelli che erano lí mi hanno applaudito come un grande musicista e, per finire, abbiamo mangiato dolci e vino come nel casa di un Rothschild».



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