Lepanto: La battaglia dei tre imperi by Alessandro Barbero

Lepanto: La battaglia dei tre imperi by Alessandro Barbero

autore:Alessandro Barbero [Barbero, A.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Modern, eBook Laterza, General
ISBN: 9788858106365
Google: JrcZDgAAQBAJ
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2012-08-15T00:00:00+00:00


22. Dove il kapudan pascià riceve l’ordine di attaccare la flotta cristiana,ma poiché questa non si fa vederespadroneggia nell’Adriatico; sicché a Venezia si fortifica il Lido e si attende il peggio

L’avanzata dei turchi nello Ionio rese pericolosissima la navigazione delle unità veneziane rimaste in quelle acque. All’ingresso del porto di Itaca le due galere Trona e Chersana, mandate dal Venier a spiare i movimenti del nemico, s’imbatterono nel corsaro Karagia Alì, che con dieci galere era venuto a devastare l’isola. I due sopracomiti cercarono di cavarsela ciascuno per proprio conto: la Chersana si salvò a remi nel canale di Corfù, ma la galera di Francesco Tron, che aveva «stracca la ciurma», fu costretta a far vela e si buttò verso il mare aperto, dove venne inseguita e catturata. Il corsaro rimorchiò la preda e la presentò ai suoi capi; «i Bassà ricevettero con allegrezza la detta galea Trona», e saputo dai prigionieri che la squadra del Venier era ancora a Corfù decisero di andare ad attaccarla1.

Quando i turchi giunsero in prossimità di Corfù la preda si era appena dileguata, ma le occasioni di far bottino non mancarono. Le galere Barbariga e Zarattina, che erano rimaste nell’estuario della Boiana per collaborare con le loro artiglierie alla difesa di Dulcigno, vedendo che la città non era attaccata tornarono indietro; quando avvistarono al largo di Corfù le vele d’una grande flotta credettero che fosse quella del Venier, per cui le andarono incontro fiduciose e vennero «miseramente perdute». Subito dopo comparvero due navi da trasporto partite da Venezia con un carico di riso e di biscotto, e con a bordo mille fanti destinati alla flotta; i soldati si difesero gagliardamente per cinque ore, ma alla fine le navi vennero catturate. A Messina la notizia giunse ingigantita: «dicono abbian fatto gran difesa e affondato otto galere», annota il Caetani, ma il risultato era che i veneziani sarebbero stati costretti a reclutare altra fanteria. A Venezia la notizia di questi disastri suscitò sgomento, non solo per la gravità delle perdite, «ma perché pare che ’l Signor Dio levasse l’intelletto a quei sovracomiti delle galere, che non sapessero quel che facessero». Si seppe poi che almeno il comandante della Zarattina, messer Piero Bertolazzi da Zara, aveva mandato avanti nel canale di Corfù una fregata, coll’ordine di accendere un lume se la via era sgombra; ma la fregata venne presa da Uluç Alì, il quale si mise al suo posto nella notte e accese il segnale, «e così la galera se li venne a dare in bocca»2.

Anche più a nord le acque dell’Adriatico stavano diventando pericolose per i veneziani. Il corsaro Kara Hogia, uscito dalla sua base di Valona, intercettò la galera di Santo Tron e la costrinse a rifugiarsi nel porto di Ragusa, dove il Tron entrò a forza passando sopra la catena che lo sbarrava. Ne seguì un incidente diplomatico, perché Kara Hogia reclamava la galera come legittima preda, e il sangiacco più vicino fece pressioni sul governo di Ragusa perché la consegnasse. «Si crede che



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