Lettera d'amore e d'addio by Ugo Riccarelli

Lettera d'amore e d'addio by Ugo Riccarelli

autore:Ugo Riccarelli [Riccarelli, Ugo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Passerotto

La mattina del 20 gennaio 1983, Jesus João Da Costa arrivò all’Ospedale Neurologico Alto Boavista in perfetto orario. Era il suo secondo giorno di lavoro come infermiere e non voleva correre il rischio di essere in ritardo. Anche se mancavano ancora quindici minuti alle sei, aveva già attraversato tutta Rio, cambiando due linee di bus e percorrendo a piedi gli ultimi metri. Giunto davanti al grande portone, si fermò un istante, fece un respiro profondo e sollevò gli occhi lungo la parete di quella massiccia costruzione che pareva un gigante; quindi, come se stesse tuffandosi nell’acqua gelata, entrò nell’atrio di corsa. Quando fu di fronte all’apparecchio per la timbratura vide il suo nome stampato sul cartellino di servizio e si sentì felice: ripensò ai molti anni di studio, alla vita dura, a tutti i sacrifici sopportati per ottenere quel lavoro che adesso era lì, vero, su un cartoncino rosa con il suo nome scritto in nero.

Si cambiò in pochi minuti e quindi si presentò in corsia, pronto a raccogliere le consegne per il prossimo turno. Ascoltò con attenzione Alberto Nunes Coimbra raccontare quello che era accaduto nella notte e raccomandargli quanto avrebbe dovuto fare subito: controllare le terapie, eseguire i prelievi urgenti, portare alcune persone in radiologia, occuparsi di un paziente deceduto.

Jesus annotò tutto mentalmente, chiese consiglio ad alcuni colleghi e scambiò qualche parola con loro. Nel giro di pochi minuti fu talmente concentrato sul lavoro che il resto del mondo si cancellò attorno a lui, come se egli stesse vivendo in un sogno. Per questo, quando si trovò di fronte all’uomo in lacrime, nella camera n° 7, non fu in grado di rendersi conto con precisione da quanto tempo fosse rimasto lì, immobile, senza saper cosa fare, continuando a guardarlo esprimere, in quel pianto senza rumore, un dolore che pareva immenso come il mare.

Nei corsi professionali, nelle scuole preparatorie, l’infermiere studia le tecniche migliori per affrontare le situazioni più spiacevoli e amare. Ma forse per inesperienza, o forse perché il silenzio dava al pianto di quell’uomo una forza assoluta, Jesus rimase quasi pietrificato, ammutolito, a guardare. Fu invece l’uomo in lacrime ad accorgersi di lui e a rivolgergli le prime parole.

«Non sono stato capace di custodirlo» disse. «È tutta mia, la colpa.»

L’infermiere provò un grande senso di pena. Non solo per il viso pallido e gonfio che spuntava dalle lenzuola, ma soprattutto per il contorno di quella scena, per la vernice del letto mezzo scrostata, per la luce fredda della lampada al neon, per le povere cose che erano rimaste sul comodino: una mela, una bottiglia d’acqua e una vecchia radiolina. Allora cercò dentro di sé una frase o un gesto per rompere l’imbarazzo, andò verso il cadavere, staccò la cartella dal fondo del letto e lesse: “Manoel Francisco dos Santos, anni 50 - Pau Grande”. Scorse velocemente i dati clinici e si rifugiò nell’espressione più professionale che conoscesse, la voce chiara, il busto eretto: «Purtroppo non c’è stato niente da fare, non credo sia stata colpa di nessuno, signore.



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