Lo sbaglio by Flavia Piccinni

Lo sbaglio by Flavia Piccinni

autore:Flavia Piccinni
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788817050890
editore: Rizzoli
pubblicato: 2011-09-15T00:00:00+00:00


VI

In sottofondo sento i tiretti della cassettiera che si aprono, le medicine che vengono prese, messe sul bancone, smarcate e consegnate al cliente nei sacchettini bianchi e verdi della farmacia. «Com’è andata?» chiede Carlo, poi si interrompe per prendere una boccata dalla sigaretta.

Non rispondo, ingrano la prima e la macchina parte. La strada è ancora ghiacciata. Non nevica più da diverse ore, adesso fa solo freddo.

«Ti ha seccata di nuovo?» si ferma. «Vero?» insiste. La sua voce non cambia intonazione, quasi già sapesse. «Non ti devi preoccupare, ci torni al prossimo appello» mi rincuora, ma io respiro a fatica. Gli occhi sono stanchi e la faccia di Anselmi, quando mi dice che l’angina pectoris è fondamentale, che non posso non saperla, si allunga sul parabrezza; la spazzo via con un colpo di tergicristalli.

«Mezz’ora fa ha chiamato Cinci dal cantiere, dice che serve papà. Vacci subito, hai capito?» continua, come se essere bocciati all’esame non significasse niente e fosse soltanto un’irrilevante partita lampo durante un torneo domenicale, una di quelle che si giocano per far passare il tempo e non hanno valore.

«Ma io devo andare da Riccardo» cerco di giustificarmi; ho bisogno di scoprire se nonna ha ragione, o mente.

«No, tu devi prima pensare a noi. E dopo a quel cretino di Riccardo» replica lui deciso. Un fischio, prolungato e ripetuto, copre la mia risposta.

«Che succede?»

«L’antitaccheggio. Devo andare, c’è uno zingaro» farfuglia e appende.

Resto un secondo con il cellulare all’orecchio, ferma al semaforo. Alle mie spalle la Torre di Pisa è gelata. Chissà in quale istante, mentre io non c’ero, Carlo si è trasformato in quello che mi sembra essere adesso.

Poi scatta il verde, la macchina dietro di me sfanala. Ingrano la prima, ma la Smart non si muove. Spengo e riaccendo. Una, due, tre volte. Non cambia niente, è paralizzata.

Le automobili hanno preso a superarmi sulla destra. Quando mi passano accanto, i conducenti mi guardano con compassione.

Scendo, controllo che le ruote non siano sgonfie o, peggio, bucate. Non so che fare. La strada è stata appena pulita dalla neve.

Torno in macchina, provo di nuovo a mettere in moto. Giro la chiave e, questa volta, il motore s’avvia con un leggero tremore. Mentre sto per partire, un’utilitaria blu notte mi sfreccia accanto. L’automobilista mi guarda. È un attimo, ma lo riconosco. È Anselmi. Mi fa un cenno con la mano, un saluto, e io alla fine non resisto. Tra il finestrino e il cruscotto, stando bene attenta a non farmi vedere, lo mando a quel paese. Anche se alla fine ha avuto pietà di me, e mi ha regalato un diciotto, non posso perdonargli quello che ha fatto a Irene. Quello che ha provato a fare a me.

Imbocco l’Aurelia e, senza neppure realizzare i chilometri che la macchina consuma e la campagna piatta e bianca che si stende oltre il finestrino, sempre uguale e tetra, arrivo a Lucca.



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