Lo straniero by L. P. Davies

Lo straniero by L. P. Davies

autore:L. P. Davies [Davies, L. P.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:25:34+00:00


9

Non sapeva per quanto tempo avesse camminato, né dove il suo vaga-bondare l’avesse condotto. Le luci di un piccolo caffè attrassero l’attenzione di Maxwell, che si chiese distrattamente quali clienti potesse sperare di attirare a quell’ora del mattino.

La donna in grembiule bianco che stava dietro il bancone di vetro e cro-mo aveva una faccia giovane e vecchia nello stesso tempo, segnata dal sonno e dalla stanchezza. Infilandosi un dito nella massa dei ruvidi capelli rossi scarmigliati, domandò: «Cosa vuole?»

«Qualcosa da bere» rispose Maxwell.

«Brodo sintetico, analcolici, maltina, caffeina…»

Lui interruppe la litania, dicendo a caso: «Caffeina.»

«E da mangiare?» domandò la donna infilando un bicchiere di carta ce-rata sotto un beccuccio.

C’erano, in una vetrina, varie specie di cibi poco appetitosi. Maxwell indicò un piatto a casaccio. «Uno di quelli e uno di quelli.»

La donna dispose il tutto su un vassoietto di cartone.

«Quanto in tutto?»

«Quindici, più venti l’uno. Cinquantacinque in tutto.»

Lui mise una banconota sul bancone.

«Non siamo al Ritz, signore. Non ne ha una di taglio più piccolo?»

«Tenga pure il resto» rispose Maxwell con un gesto di noncuranza.

«Ma sono…» la donna lo guardò a bocca aperta. Poi: «Come vuole» e lo seguì con lo sguardo mentre andava a sistemarsi a un tavolino.»

Maxwell si mise a sedere con un sospiro di sollievo sulla sedia di metallo. Era più stanco di quanto avesse pensato. Al tavolo vicino, un tizio di mezza età con un vestito logoro e sudicio, si puliva i denti coll’orlo strappato della tazza. Maxwell si mise a sedere comodo, tenendo le mani stese sul tavolo.

“La prima cosa, signor Maxwell, è stato il suo sangue. Ne mandarono un campione in laboratorio. Solo che non era uguale a nessun tipo conosciuto.”

Senza guardare, allungò la mano verso il piatto, prese un tramezzino, e lo addentò.

“Dicevano che non avevano mai visto del sangue come quello. E poi, il cuore. Non era al solito posto.”

Pasta di qualche cosa… pane duro. Non si sentiva nessun sapore. Maxwell fissò il dorso della propria mano.

“Il colore della pelle, signor Maxwell. Le cicatrici. I capelli. E altre co-se.”

Aveva la gola contratta, che rifiutava di deglutire il cibo. Bevve un po’ di caffeina.

“Però, signor Maxwell, potrebbe esserci una spiegazione logica, normale, per tutte queste cose. Il suo sangue può esser stato alterato. Non è poi tanto raro trovare un cuore a destra. E il colore della pelle… può darsi che sia nato in un altro paese.”

Maxwell inghiottì con fatica, e depose la tazza. La porta si aprì per lasciar entrare un altro cliente, un uomo magro, senza cappello, che indossava un cappotto nero. Aveva i capelli biondi spazzolati all’indietro, e la faccia tutta angoli e ombre. Salutò con un cenno Maxwell e l’altro cliente sempre intento a pulirsi i denti, e andò al banco, chinandosi verso la came-riera dai capelli rossi.

“Può darsi che sia nato in un altro paese… Dicevano, signor Maxwell, che era atterrato un U.F.O. Un oggetto volante non identificato. Un disco volante, dicono.”

L’uomo al tavolo vicino gettò per terra i resti della tazza di carta, tossì, qualche colpo forte e profondo, si alzò e uscì strascicando i piedi.



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