Lontano DA Dove (Italian Edition) by Claudio Magris

Lontano DA Dove (Italian Edition) by Claudio Magris

autore:Claudio Magris [Magris, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788806114718
Amazon: 8806114719
editore: Einaudi
pubblicato: 2000-07-14T00:00:00+00:00


2. Il peccato d’origine e il «remedium» imperiale.

La concezione imperiale rothiana rappresenta insieme la conseguenza e il tentativo di reazione a questo pessimismo. Il pessimismo radicale nei confronti dell’uomo e della storia provoca, per compenso, il rifugio in una visione sacrale imperiale. L’impero è una proiezione della malinconia e dello scetticismo; il sole imperiale è sempre un sole che tramonta, l’imperatore ha sempre il volto triste di quello kafkiano che s’affaccia ad una finestra della reggia nella città invasa dai nomadi del Nord1. La natura e la storia sono il regno del disordine e del caos: l’illusione progressista della libertà scatena forze incontrollate che, in qualsiasi direzione politica si sviluppino, appiattiscono e dimidiano l’individuo nell’unidimensionalità del Bourgeois privo d’ogni spazio interiore; la creazione stanca tende verso il declino e la fine. L’atomizzazione e l’immanentismo materialistico cercano di illudere gli uomini sullo stato reale delle cose, di inalzare sugli altari l’imperfettissima condizione umana come uno stato di perfezione e di felicità; in tal modo, persa la consapevolezza dell’universale labilità, si viene ad accentuarla ed a minare anche quei sostegni che ancora la frenano. Nel mondo della fugacità e del totalitarismo, della morte della signora Slama e dei feroci nazionalismi, l’impero è un remedium, una specie di sacramento etico-politico necessario alla creatura debole e indifesa. Greve, solenne e malinconico, l’ordine imperiale è un’imitazione e un’imposizione dell’ordine, una pallida copia della gerarchia della Legge le cui tracce si sono sbiadite nell’esilio. Anche per Roth, come per Singer, «ogni cosa è in precario equilibrio [e] il mondo è completamente immaginario»2: come nella Catena d’oro di Peretz, soltanto la dinastia dei giusti protegge, nel tempo, la realtà dal castigo del tribunale divino e dalla distruzione, che può sopravvenire da un momento all’altro3. Uscito dallo shtetl o dalla sacralità imperiale, il personaggio di Roth cade in balía di forze distruttive: diventa un rancoroso e represso filisteo o un crudele fascista, un individuo anonimo e alienato nell’aggressiva società industriale, uno gnomo integrato o un soggetto smarrito e travolto. L’impero è quindi remedium concupiscentiae, argine alla brama di sopraffazione personale, alla libidine egocentrica ed anche alla debolezza di chi porta il retaggio della caduta esistenziale.

Come quella di Kafka, pure la narrativa di Roth è pervasa da un senso assoluto della norma e della lettera della Legge, derivato dalla tradizione ebraica. Non a caso in un’antica leggenda giudaica si narra di un vecchio che, impietositosi d’una serpe prossima a morire di freddo, se la scalda in seno finché quella, ripreso vigore, gli si rivolta contro per ucciderlo. Il vecchio chiede aiuto e protesta per tale ingratitudine, ma tutti gli danno torto. La serpe, gli viene detto, ha pieno diritto di mordere e di uccidere secondo la sua natura: «questo è l’ordine del mondo»4. Soltanto l’astuzia di Salomone salva il vecchio senza violare la Legge. Al pari di Kafka, pure Roth non s’abbandona, nella sua accusa, all’impetuoso grido di rivolta o al facile pathos rivoluzionario; egli cerca tuttavia di riedificare l’ordine nella costruzione, spettrale e museale, dell’imperium, mentre Kafka abbandona la città imperiale all’invasione dei nomadi.



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