Martin il romanziere by Marcel Aymé

Martin il romanziere by Marcel Aymé

autore:Marcel Aymé [Aymé, Marcel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: L'orma editore
pubblicato: 2017-01-03T23:00:00+00:00


Camminava per la chiesa come in precedenza al museo, con il cuore altrettanto vacuo, lo spirito lucido e ottuso. Si fermò a lungo nell’abside, immobile su una sedia, gli occhi fissi nel punto più scuro di una vetrata la cui parte inferiore, di semplice vetro smerigliato, si colorava del chiarore rossastro che proveniva da fuori. Il suo corpo si stava rilassando, dimentico del terrore dell’inferno e del problema del cibo. In questo stato di beatitudine bovina, Martin prese a sonnecchiare. Poco a poco l’universo si ridusse al riquadro di vetro che percepiva tra le palpebre appesantite. Stava ancora pensando al rischio di addormentarsi dentro a quella chiesa, incapace di scuotersi di dosso il torpore, quando il rumore di una porta sbattuta risuonò a lungo sotto le volte, facendolo scattare in piedi. L’attimo seguente era di nuovo immerso nelle sue preoccupazioni, nel calcolo delle possibilità che gli restavano in cielo e in terra. In fondo all’abside, sotto la vetrata, il passo di un uomo echeggiava sul marmo e Martin, dopo essersi avvicinato, riconobbe un prete che usciva dalla sagrestia e si dirigeva rapidamente verso una delle navate laterali. Quell’incontro gli sembrava capitare a proposito.

«Signor parroco, vorrei chiederle un’informazione.»

Sorpreso da quell’apparizione, il prete arretrò di un passo, quindi gli fece segno di parlare.

«Signor parroco, crede che un assassino possa contare sulla misericordia divina?»

Il prete, dissimulando il proprio sconcerto, rispose con un mormorio che pareva invitare Martin alla prudenza:

«Non c’è dubbio. La misericordia di Dio è infinita.»

«È proprio quello che pensavo…»

Per qualche secondo Martin rimase in silenzio, indeciso se porgli una domanda più precisa. Dopo averci riflettuto, reputò più saggio non farlo.

Il prete pensò che fosse in attesa di un incoraggiamento e, toccandogli la mano, disse con voce amichevole:

«Suppongo che sia venuto qui con l’intenzione di confessarsi…»

«No di certo,» rispose Martin «non ho nulla da confessare.»

Rassicurato, il prete scosse la testa come a esprimere un lieve disappunto. In quella risposta vedeva non tanto orgoglio quanto una buona dose di ingenuità.

«Signor parroco, avrei un’altra domanda: potrei incaricarla di dire una messa per un’anima in purgatorio? Quella di un uomo chiamato Martin…»

Così dicendo allungò il biglietto da cento franchi che aveva ripreso dalla cassetta delle elemosine. Concluso il negoziato, domandò ancora:

«E mi dica, questa messa quanti giorni di remissione varrà sul tempo da trascorrere in purgatorio?»

«Non c’è modo di darle una risposta» disse il prete infastidito dalla piega che stava prendendo quell’incontro. «Ciò che possiamo fare è offrire una possibilità di salvezza. Il risultato dipende dai casi e dalla grazia di Dio.»

«Capisco, ma sarà pur prevista una quantità minima di tempo. Così, per sapersi regolare…»

Martin parlava forte, senza preoccuparsi di accordare il volume della voce al mistero della penombra, e il solo rumore delle sue parole, esplodendo nel silenzio della chiesa, sembrava un sacrilegio. Pensando alle varie pecorelle che attendevano il momento della confessione e che di certo li stavano ascoltando, il sacerdote ebbe un moto d’impazienza e lo interruppe seccamente:

«Allora diciamo sei mesi.»

«Sei mesi per una messa? Però! Interessante…»

Si immerse in un calcolo silenzioso e il prete, dopo un saluto distaccato, ritenne di potersi congedare.



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